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“Non ho più nulla, mangio alla Caritas”: il dramma di un’attrice dimenticata

Dai riflettori alla solitudine: l’amara caduta di una star della commedia

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Il mondo dello spettacolo può essere spietato. Oggi sei un’icona, domani rischi di essere dimenticato. È quanto accaduto a una celebre interprete del cinema italiano degli anni ’80, oggi costretta a vivere nella precarietà più assoluta. Conosciuta per aver incarnato la figura provocante nei film cult della serie di Pierino, l’attrice si trova ora a lottare quotidianamente per pagarsi le cure mediche, lontana anni luce dalla vita agiata di un tempo.

“Non vivo più, sopravvivo”: tra periferia e mense solidali

Il suo presente si consuma in un quartiere popolare lungo via Casilina, ben distante dagli eleganti salotti romani di Vigna Clara, dove aveva sempre vissuto. “È come tornare indietro di trent’anni”, racconta. Oggi, a 62 anni, trova un pasto caldo solo alla mensa della Caritas, segno tangibile di una discesa iniziata con una serie di eventi tragici.

Un’escalation di sfortune

Tutto è cominciato con la perdita della madre. Poi gli infortuni, le difficoltà fisiche e la fine del lavoro hanno aggravato la situazione. A settembre incombe anche uno sfratto, solo temporaneamente rinviato. “Non ho neanche il gas. Riesco a cucinare solo grazie a un piccolo fornello elettrico”, confessa.

L’appartamento in cui vive, un modesto bilocale di 70 metri quadri, apparteneva alla madre Ivana. “Mi ci sono trasferita nel 2013, quando è venuto a mancare il mio compagno”, dice. Ora, non riesce nemmeno a pagarsi un’operazione al menisco.

L’amore, i rimpianti e la solitudine

Il suo compagno era lo scrittore Alberto Bevilacqua, con cui ha condiviso quasi vent’anni di vita. “Non ha lasciato nulla, vivevamo alla giornata. Avremmo potuto sposarci, ma la sua esperienza passata lo frenava”. Un dolore che si somma al rapporto mai risolto con il padre assente. “Quando Alberto era pronto a intestarmi i diritti delle sue opere, fu colpito da un malore che lo portò alla morte. Su ciò che è successo dopo con la sua famiglia preferisco tacere”.

Tra dignità ferita e ricordi luminosi

Oggi Michela Miti – all’anagrafe Michela Macaluso – sopravvive grazie all’assegno di inclusione. Ha venduto ciò che le restava di valore, come un pezzo d’ambra appartenuto a Bevilacqua. “Ho speso tutto per curare mia madre. Era una parrucchiera, la mia roccia”. I diritti d’autore dei film non bastano: “Arrivano solo pochi spiccioli”.

Nonostante tutto, nei suoi occhi brillano ancora memorie di un passato glorioso. Come l’incontro con Federico Fellini, che la volle nel film La città delle donne, non per recitare, ma per la sua presenza rassicurante: “Mi considerava come una figlia. Quando si arrabbiava, mi chiamavano per calmarlo. Appena mi vedeva, urlava ‘C’è Michelina, stop!’”.

Un sorriso tra le ombre

Anche adesso, nei giorni più bui, non rinuncia a un sorriso per chi la riconosce per strada. “Esco solo con gli occhiali da sole, ma se qualcuno mi ferma, sorrido sempre”. Dietro quella lente scura, si nasconde una donna che continua a lottare per conservare dignità, ricordi e un briciolo di speranza.

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