Voci dal vicolo dicono che il destino di Alessia Pifferi sia diventato argomento di discussione per tutta l’Italia. Condannata a trent’anni per un crimine inimmaginabile, l’ex insegnante di sostegno alza la voce: “Ingiusto condannarla a 30 anni, è come una bambina”.
Sembra che Alessia, accusata di un atto così grave, abbia sempre avuto le sue difficoltà: “Immatura, ma senza volontà nelle sue azioni”, così la descrive chi la conosceva da vicino.
L’incubo inizia quando la piccola Diana, di appena diciotto mesi, viene lasciata sola, senza nessuno che la curasse o la nutrisse. Sei lunghi giorni che finiscono in tragedia. La conversazione si fa seria quando si tocca il tema della sua salute mentale. Un dettaglio non da poco, poiché una perizia psichiatrica ha sottolineato la sua capacità di intendere e di volere, ma tutti sanno che non è tutto nero o bianco.
Durante un’intervista nel programma “Storie Italiane”, si è svelato un pezzo della vita di Alessia. La sua insegnante ricorda con dolore: “Ho sofferto molto per questa ragazza”. Il suo racconto ci trasporta indietro nel tempo, quando Alessia era solo una studentessa con tante assenze e poca voglia di fare i compiti. La maestra parla anche di un contesto familiare complicato, un dettaglio che potrebbe gettare luce su molte zone d’ombra.
La notizia che ha lasciato tutti senza parole è quella del ritrovamento del corpo della piccola Diana. Un quadro straziante: la bambina era stata ripulita e adagiata nel suo lettino, in una casa dove l’indifferenza sembrava essere l’unico inquilino. Un particolare agghiacciante, i panni umidi nella lavatrice e i pannolini sporchi, indizio di una realtà che nessuno vorrebbe mai immaginare.
La salute mentale di Alessia rimane un mistero. Da un lato, c’è chi parla di un “gravissimo ritardo mentale”, dall’altro, accuse pesanti pendono sulle teste di coloro che dovevano valutarla. La questione si infittisce con altre indagini che mettono sotto accusa professionisti del settore.
Tra le pieghe di questa storia, ci sono tante domande senza risposta. Ma una cosa è chiara: condannarla a trent’anni è una decisione che divide, soprattutto se pensiamo ad Alessia come a “una bambina nel senso più puro del termine”.
La vicenda di Alessia e Diana Pifferi è un racconto che tocca le corde più sensibili di tutti noi. E mentre il dibattito infuria, non possiamo fare a meno di chiederci: c’è giustizia per la piccola Diana?
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