Ansia, un riflesso dell’intelligenza? È quello che sostengono alcuni studiosi dopo un accurato approfondimento su uno dei disturbi più diffusi e forse maggiormente sottovalutati.
Le ultime statistiche sul tema, come riportato da diverse testate giornalistiche nella primavera scorsa, parlano chiaro. Soffrono di ansia e di disturbi legati a questa condizione , più di 7 milioni di italiani.
Nel mondo, come documentato dalla stessa Organizzazione Mondiale della Sanità, le persone che soffrono di ansia sono oltre 260 milioni.
L’hanno definita e studiata in vari modi la condizione di chi è, in qualche modo, costretto a fare i conti con questa spiacevole situazione.
L’ansia, lo sappiamo, produce a sua volta stress e, per questo, la persona che ne subisce gli attacchi si trova spesso a vivere una quotidianità menomata.
Negli ultimi anni chi soffre di disturbi legati all’ansia non solo è in forte aumento, ma la sua condizione viene spesso archiviata come eccesso di stress.
Che gli stili di vita e il famoso ” logorio della vita moderna” , come diceva una famosa pubblicità dell’amaro Cinar, siano i principali motori di disturbi ansiogeni non ci piove.
Ma, uno studio recente, sconvolge anni di teorie che classificano l’ansia come effetto di eventi negativi, ed azzarda una tesi assai diversa.
Secondo il dottor David Barlow, ricercatore della Boston University e del Center For Anxiety And Related Disorders, l’ansia sarebbe la risposta di una feconda attività intellettuale.
Vale a dire: chi affronta le situazioni della vita con maggiore elaborazione e con un approccio poco superficiale, sarebbe maggiormente predisposto a soffrire di attacchi di ansia.
Per il dottor Barlow l’ansia equivale a misurare l’intelligenza e la capacità di un soggetto di vivere in maniera profonda e consapevole la propria esistenza.
Se l’ansia, secondo il ricercatore americano, è una sorta di spia che si accende quando si è impegnati nella risoluzione di un problema, la sua presenza assicurerebbe meccanismi evolutivi legati alla sopravvivenza.
Tesi sicuramente affascinante e, in qualche modo, rassicurante per coloro che devono convivere con questa condizione.
L’ansia, secondo il dottor Barlow, non rientrerebbe più in una patologia da curare con psicofarmaci e altri medicinali. Ma in uno stato emotivo da accettare e controllare. Con cui convivere.
Le cause che possono portare allo sviluppo dell’ansia non diventano più motivo di vergogna. Secondo la tesi del ricercatore semplicemente indicano una maggiore sensibilità da parte di coloro che sviluppano questa condizione.
Tesi, dicevamo, senz’altro innovativa, meritevole come altre di approfondimento e sviluppo.
Con la raccomandazione di non sviluppare, però, attacchi di ansia!
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