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Colpo di scena sul caso Yara Gambirasio, spunta la grave ipotesi del depistaggio: avviata inchiesta

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Un nuovo dettaglio nel caso Yara Gambirasio ha spostato l’attenzione su un dettaglio che prima era passato inosservato, come riportato dall’agenzia AdnKronos. L’omicidio della 13enne di Brembate, un cold case tra i più incresciosi, continua ad essere a tratti misterioso. Il pm di Bergamo, Laura Ruggeri, ha per anni cercato di individuare il vero assassino, oggi si trova nel registro degli indagati per depistaggio con l’accusa di conservazione non attenta dei 54 campioni di Dna rinvenuti sul corpo della vittima, un reperto negato alla difesa di Massimo Bossetti.

Il gip di Venezia Alberto Scaramuzza ha invitato a procedere all’iscrizione nell’apposito registro dopo la querela ed un atto di opposizione della difesa di Bossetti, sono infatti stati messi sotto accusa i comportamenti del pm Letizia Ruggeri con riferimento al reato di frode in processo penale e depistaggio che richiede un approfondimento. Allo stesso tempo sono state archiviate le posizioni del presidente della Prima sezione penale del tribunale di Bergamo Giovanni Petillo e di Laura Epis, funzionaria responsabile dell’Ufficio corpi di reato.

Caso Yara Gambirasio, la tesi dei campioni di Dna danneggiati

Il tribunale di Venezia ha emesso il suo giudizio in riferimento alle 54 provette con traccia biologica mista di vittima e carnefice, che sono state trasferite dal frigorifero dell’ospedale San Raffaele di Milano all’ufficio Corpi di reato del tribunale di Bergamo.

Secondo il parere del difensore di Massimo Bossetti, Claudio Salvagni, lo stesso trasporto delle provette potrebbe aver deteriorato il Dna dal momento che si è interrotta la catena del freddo. Tra le righe dell’atto di opposizione all’archiviazione, si elencano le date che hanno portato la difesa a richiedere l’accesso ai campioni di Dna con connessa autorizzazione, ma si tralascia la richiesta fatta dal pm Ruggeri di spostare le provette con consegna successiva dei 54 campioni al professore Giorgio Casari ed ai carabinieri di Bergamo.

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Il fatto che le provette siano state prelevate dal frigo ed in seguito siano giunte dopo qualche giorno in tribunale, ovvero 12 giorni dopo, lascia aperta l’ipotesi di contaminazione. Ma per la procura di Venezia non sono emerse né verifiche e neppure testimoni che avvalorino la stesi che gli indagati Petillo ed Epis abbiano cercato di danneggiare i campioni di Dna. Sulla vicenda indagherà il pm Ruggeri a cui spetterà di risolvere il giallo del caso Yara Gambirasio.

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