Giovedì 11 settembre, davanti al notaio Elena Terrenghi, si è aperto ufficialmente il testamento di Giorgio Armani. E con esso, si è svelata la minuziosa architettura con cui il celebre stilista ha deciso di garantire stabilità e futuro alla sua impresa più cara: la Giorgio Armani Spa. L’intero pacchetto azionario è stato attribuito alla Fondazione Giorgio Armani, seguendo una formula articolata che prevede un 9,9% in piena proprietà e un restante 90% in nuda proprietà, il cui usufrutto è affidato a Pantaleo Dell’Orco, insieme ai tre nipoti e alla sorella Rosanna. Una scelta che esprime la ferma volontà di Armani di mantenere l’identità e l’autonomia della maison nel rispetto dei valori che l’hanno resa iconica.
Pantaleo Dell’Orco, compagno di vita e fidato collaboratore, avrà un ruolo chiave nella direzione dell’azienda, detenendo il 40% dei diritti di voto. La Fondazione ne controllerà il 30%, mentre i restanti voti saranno divisi equamente tra i nipoti Silvana Armani e Andrea Camerana, ciascuno con il 15%. Rosanna e Roberta Armani, pur ricevendo delle quote, non avranno potere decisionale, un equilibrio studiato per bilanciare affetti familiari e solidità gestionale.
La ricchezza personale di Armani, stimata fra gli 11 e i 13 miliardi di euro, è stata distribuita con lo stesso rigore. Non avendo figli né coniuge, lo stilista ha potuto decidere liberamente, redigendo due testamenti interamente a mano. Un capitolo importante riguarda la sua partecipazione in EssilorLuxottica, che ammonta al 2% del colosso: qui il 40% sarà destinato a Dell’Orco, mentre il 60% andrà ai parenti.
Tra i lasciti spiccano anche riconoscimenti personali: 100.000 azioni a Michele Morselli e 7.500 ciascuna a Daniele Balestrazzi, Giuseppe Marsocci, Laura Tadini e Luca Pastorelli.
Anche il patrimonio immobiliare è stato ordinatamente collocato sotto un’unica società, L’Immobiliare Srl, che gestisce le residenze di Saint Tropez, Antigua, Broni e Pantelleria. Il 75% della piena proprietà è stato ripartito tra Rosanna, Silvana e Andrea, mentre il 25% rimanente è stato ceduto in nuda proprietà, con diritto di usufrutto assegnato a Dell’Orco. Il palazzo in via Borgonuovo a Milano, autentico emblema della vita dello stilista, rimarrà a disposizione del compagno, ma con una clausola precisa: tutti gli arredi dovranno restare intatti, tranne un dipinto di Matisse e una fotografia di Rayman.
Nel testamento, Armani ha lasciato anche indicazioni chiare sulle mosse future: entro un anno e mezzo gli eredi dovranno cedere il 15% delle quote aziendali, preferendo grandi player del settore come LVMH, EssilorLuxottica o L’Oréal. Una decisione che riflette la sua consapevolezza dei delicati equilibri dell’universo moda e lusso a livello globale.
E non ha trascurato i principi guida della Fondazione, affidando al suo statuto un vero e proprio manifesto etico: gestire con integrità e correttezza, promuovere uno stile essenziale, moderno e raffinato, mai ostentato; cercare l’innovazione e l’eccellenza in ogni dettaglio.
Giorgio Armani, privo di discendenti diretti, ha lasciato al mondo non solo un impero economico, ma soprattutto una visione. Ha tracciato le linee di una continuità non solo aziendale, ma anche culturale. La sua firma, inconfondibile, resta impressa nei tagli dei suoi abiti e nei codici di comportamento che ha voluto trasmettere. Il suo lascito più prezioso è il modo in cui ha scelto di proteggere il marchio che porta il suo nome.
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