Erin Reid, assistente professore di comportamento organizzativo alla Boston University, ha condotto uno studio le cui conclusioni rivelano che: “chi finge di lavorare è ben visto proprio come chi lavora veramente”.
In pratica, un lavoratore che si impegna pienamente viene assimilato a chi timbra solo il cartellino e fa il minimo indispensabile sul posto di lavoro.
La ricerca di Erin Reid, pubblicata su Organization Science, ha infatti sottolineato che chi finge di lavorare, può usufruire di alcuni benefici.
Infatti non è portato a lamentarsi del lavoro nel fine settimana, prende parte alle discussioni esprimendo le sue opinioni, ma sa come disimpegnarsi quando arriva il momento di lavorare, facendo molto meno di quanto previsto.
Lo studio ha sottoposto ad indagine 100 impiegati di una società di consulenza, che sono stati analizzati in base alle loro prestazioni ed alle valutazioni delle prestazioni.
Tenendo conto dei dati di questo studio, Business Insider ha distinto tre gruppi di lavoratori: quelli che lavorano al 100%; coloro che resistono al lavoro per trovare delle scappatoie attraverso il congedo di paternità o di maternità ed altre pause; coloro che fuggono dal lavoro sempre.
L’ultimo gruppo è quello delle persone che si nascondono sul posto di lavoro e che in realtà fanno molto meno dei colleghi, ma non sono mal viste in termini valutativi.
Chi finge di lavorare infatti, secondo lo studio, godrebbe di una considerazione non negativa da parte di colleghi e capo.
La valutazione nei confronti dei lavoratori non stacanovisti sarebbe assimilabile a quelli che si rivolge a coloro che rientrano nel primo gruppo.
In questa categoria si trovano i lavoratori seri, che fanno gli straordinari, anche se non richiesti, e che in genere si fanno carico di una grossa mole di lavoro ed appaiono partecipativi davanti ai capi, dando opinioni, ma soprattutto non scappano mai davanti al lavoro.
Lo studio ha rivelato che fa parte del gruppo di chi finge di lavorare circa il 31% degli uomini e l’11% delle donne, si tratta di lavoratori che possono raggiungere i loro obiettivi senza faticare troppo.
In base alle conclusioni dello studio si evince che le aziende apprezzano l’aspetto dei dipendenti più delle loro reali prestazioni, valutandoli erroneamente per la maggior parte del tempo.
Spesso, il lavoratore che parla molto e dice di “sì” o delle parole lusinghiere viene visto meglio rispetto a chi è più serio ma non parla tanto, che finisce dunque per risentire di una considerazione peggiore.
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