La Corte Suprema: possibili violazioni dei diritti fondamentali e delle norme UE
Dopo le critiche mosse al decreto Sicurezza, la Corte di Cassazione torna a sollevare interrogativi sull’operato del governo Meloni, questa volta puntando l’attenzione sull’accordo bilaterale tra Italia e Albania per la gestione dei migranti. Nella relazione dedicata al trattenimento dei cittadini stranieri, i giudici supremi esprimono “numerosi dubbi di compatibilità con la Costituzione e con il diritto internazionale”, con particolare attenzione al diritto dell’Unione europea.
La relazione – non vincolante ma giuridicamente rilevante – mette in discussione il protocollo siglato tra Roma e Tirana, evidenziando che nei centri di Shengjin e Gjader potrebbero verificarsi violazioni gravi dei diritti fondamentali. I giuristi osservano che l’accordo manca di una definizione chiara delle categorie di persone coinvolte, creando una disparità di trattamento tra gli stranieri condotti in Italia e quelli destinati ai centri in Albania. Questo potrebbe ledere diritti costituzionali come la tutela della salute e il diritto alla difesa.
Proprio quest’ultimo, sancito dall’articolo 24 della Costituzione, appare fortemente compromesso: le udienze di convalida sono svolte da remoto e i migranti trattenuti in Albania possono incontrare seri ostacoli nell’accesso agli avvocati. La Cassazione sottolinea che tali modalità non sono regolate da una legge precisa, ma affidate alla discrezionalità del responsabile italiano del centro.
Diritti a rischio e detenuti “sine titulo”: le gravi incongruenze del protocollo
Altri punti critici emergono riguardo al diritto d’asilo e alla libertà personale. I giudici evidenziano l’assenza di una “disciplina analitica degli aspetti procedurali”, elemento fondamentale per garantire ai migranti trattati all’estero le stesse tutele di chi si trova sul territorio italiano. Inoltre, il trattenimento in Albania non risulta essere una misura di ultima istanza, come prevede invece la normativa europea, ma l’unica opzione prevista dal protocollo, in contrasto con l’articolo 13 della Costituzione.
Grave anche la possibilità che i migranti, una volta cessati i presupposti del trattenimento, non possano essere rilasciati subito perché il protocollo non prevede la loro liberazione in territorio albanese. Questo crea il rischio concreto di una detenzione “sine titulo”, cioè senza base legale, che potrebbe durare ore o persino giorni, in attesa del rientro forzato in Italia.
La replica del governo non si è fatta attendere. Il ministro per gli Affari europei, Tommaso Foti, ha criticato l’atteggiamento degli organi giurisdizionali italiani, accusandoli di ostacolare l’azione dell’esecutivo. “Il governo Meloni andrà avanti nella lotta all’immigrazione irregolare”, ha dichiarato, “forte del consenso che questa linea sta ottenendo anche in Europa”.
La tensione tra poteri dello Stato si fa dunque più marcata, con uno scontro sempre più acceso tra esigenze di sicurezza e tutela dei diritti fondamentali.