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Il Garante della privacy fa chiarezza sul Green pass: “Titolari di bar e ristoranti possono chiedere il documento d’identità per verificare la regolarità”

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Si sta parlando tanto dei controlli sulla conformità del Green pass dopo la sua entrata in vigore, confermando che si tratta di un tema critico sul quale è intervenuto il Garante della privacy per fare chiarezza. In particolare l’Autorità in materia ha replicato alla Regione Piemonte per precisare che gli esercenti privati possono effettuare i controlli in questo specifico contesto, e che quindi è a loro consentito il “trattamento dei dati personali consistente nella verifica dell’identità dell’intestatario della certificazione verde”.

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Dopo la richiesta di chiarimenti da parte dell’assessore agli Affari legali Maurizio Marrone, che ha chiesto conferma che agli “esercenti privati non possano, e non debbano, essere attribuite funzioni tipiche dei pubblici ufficiali”, il Garante della privacy ha risposto. L’Autorità dopo essersi riunita in seduta straordinaria ha reso noto che tra le figure autorizzate alla verifica dell’identità dei possessori del Green pass ci sono i titolari delle strutture ricettive e dei pubblici esercizi, che in via speciale possono chiedere di mostrare un documento d’identità per verificare la regolarità della certificazione.

Green pass Garante privacy documento

Il Garante della privacy fa chiarezza sul Green pass

Nello stesso decreto legge, approvato dal Governo, come segnalato dal Garante si fa riferimento alla relativa disciplina procedurale, che prevede la regolamentazione dei canali digitali per consentire la lettura della certificazione, ma anche agli “obblighi di verifica dell’identità del titolare” del Green pass. L’Autorità si è così appellata all’artico 13, c.4 del decreto legge dove si precisa che “l’intestatario della certificazione verde all’atto della verifica dimostra, a richiesta dei verificatori, la propria identità personale mediante l’esibizione di un documento di identità”.

Dopo le proteste degli esercenti ed il caos, l’intervento del Garante della privacy ha specificato la questione del trattamento dei dati, una procedura di verifica che spetta a chi controlla la validità del qr code ossia a: pubblici ufficiali nell’esercizio delle funzioni, personale addetto ai servizi di controllo delle attività di intrattenimento, titolari delle strutture ricettive e dei pubblici esercizi, proprietari di luoghi dove si svolgono eventi.

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Una posizione dissonante rispetto al parere espresso da Luciana Lamorgese, che invece aveva precisato che gli esercenti non avrebbero dovuto chiedere documenti d’identità, per poi rendere noto che il Viminale avrebbe diffuso una circolare sull’argomento. Dopo la nota del Garante, il capo di Fipe-ConfcommercioRoberto Calugi, ha avanzato la richiesta di specificare che si deve presentare il documento di identità solo se si ravvisa la contraffazione del certificato per poi rivolgersi alle forze dell’ordine.

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