Tre telefonate. Partite tra il 7 e l’8 agosto 2007 dal cellulare di Andrea Sempio verso casa Poggi, in orari in cui lui sapeva che l’amico Marco non c’era. È proprio questo dettaglio a far sollevare nuove perplessità alla Procura di Pavia, che ha riaperto le indagini sulla morte di Chiara Poggi. Sempio, all’epoca ventenne come altri ragazzi della comitiva di Marco, oggi torna al centro delle attenzioni investigative.
Il 14 marzo scorso, gli avvocati di Sempio hanno parlato di un legame forte tra i due amici, dichiarando: “Marco chiama quotidianamente Andrea, è distrutto per l’amico”. Ma dalle carte e dai verbali emergono sfumature diverse. Marco Poggi, che oggi vive a Mestre, ha riferito di non aver mai ricevuto segnalazioni di chiamate perse in quei giorni e ha ridimensionato l’abitualità dei contatti con Sempio. Ha anche precisato che la casa di via Pascoli non era un punto di ritrovo tra amici: preferivano frequentare le abitazioni di Capra o Biasibetti.
L’incoerenza diventa più evidente se si torna al 2017, quando Andrea Sempio aveva raccontato di aver passato molto tempo proprio nella villetta dei Poggi, giocando al computer e muovendosi con disinvoltura. Due versioni contrastanti che oggi, dopo anni, tornano a galla e rimettono in discussione la solidità di quella vecchia verità giudiziaria.
Domani sarà una giornata decisiva per l’inchiesta. In tre località diverse, verranno ascoltati contemporaneamente Andrea Sempio, Marco Poggi e Alberto Stasi, quest’ultimo condannato in via definitiva per l’omicidio. Gli inquirenti vogliono evitare ogni possibile “contaminazione” tra le versioni. A Pavia saranno sentiti Sempio e Stasi, mentre Marco sarà ascoltato a Venezia, dai carabinieri del Nucleo investigativo di Milano e dalla pm Giuliana Rizza.
La sensazione, condivisa anche da ambienti vicini alla Procura, è che non si tratti solo di raccogliere formalmente dichiarazioni già rese, ma di confrontare punti oscuri e scoprire eventuali divergenze decisive. Sotto la lente, soprattutto, il reale rapporto tra Marco e Andrea: sono davvero rimasti amici o è un legame enfatizzato per allontanare i sospetti?
Chi conosce Marco Poggi oggi parla di un’amicizia svanita da tempo. L’immagine di un rapporto ancora solido sembrerebbe più funzionale a una strategia difensiva che a una verità reale. E in questo scenario incerto, le parole dell’avvocato della famiglia Poggi, Gian Luigi Tizzoni, risuonano come un avvertimento: “Lo Stato ha consegnato ai Poggi una verità. Ma oggi quella verità non la difende”. La domanda che resta sospesa è la più dolorosa: quella verità era davvero la fine della storia?
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