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Garlasco, il verdetto della Procura scuote i Poggi: “Non si va avanti”

Un caso che ha segnato un’epoca

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L’omicidio di Garlasco rimane uno degli episodi più dibattuti e intricati della cronaca italiana recente. Era il 13 agosto 2007 quando Chiara Poggi, una giovane di 26 anni con una vita ordinata e tranquilla, fu trovata priva di vita nella casa dei genitori in via Pascoli, nella cittadina pavese. A trovarla fu il suo compagno, Alberto Stasi, che ha sempre sostenuto di averla rinvenuta già morta. Dopo un lungo iter giudiziario fatto di analisi, controverse perizie e sentenze ribaltate, Stasi è stato infine condannato in via definitiva a 16 anni di carcere per omicidio volontario.

Dubbi e tracce che non hanno mai smesso di far discutere

Col passare degli anni, l’eco mediatica attorno al delitto non si è mai del tutto spenta. In particolare, una traccia in casa Poggi ha continuato ad alimentare ipotesi e sospetti: l’impronta numero 33, una marcatura palmare ritrovata lungo la parete della scala. Secondo tecnici e legali della famiglia, questa impronta poteva contenere sangue e appartenere a una persona mai identificata.

La svolta: la richiesta respinta e il materiale scomparso

In tempi recenti, gli avvocati dei Poggi avevano chiesto un nuovo esame scientifico proprio su quell’impronta, nella speranza di ottenere chiarimenti. Tuttavia, la Procura di Pavia ha respinto l’istanza, congelando le aspettative della famiglia. Il documento ufficiale, datato 2 luglio 2025, afferma che non esiste più alcun campione analizzabile. Inoltre, si apprende che la provetta con i frammenti d’intonaco – prelevati dal punto esatto della traccia – risulta irreperibile.

Nessuna possibilità di nuovi esami

Questa decisione, di fatto, chiude ogni possibilità di riesame. Le speranze di chiarire la natura dell’impronta 33, in particolare se contenesse o meno sangue umano, vengono così accantonate. Paradossalmente, anche i legali di Alberto Stasi avevano indicato quella traccia come potenzialmente rilevante per la presenza di elementi biologici.

Un caso che continua a lasciare interrogativi

Nel rapporto della Procura si specifica che tutte le analisi precedenti avevano già esaurito i campioni disponibili e che l’impiego della ninidrina – una sostanza usata per mettere in evidenza le impronte – avrebbe compromesso definitivamente ogni eventuale rilevamento biologico. Un nuovo dettaglio che si aggiunge al mosaico di questo giallo ancora aperto, e che sembra destinato a lasciare domande sospese per molto tempo ancora.

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