Il caso Garlasco continua a far parlare di sé, anche a distanza di due decenni. Sebbene Alberto Stasi, ex fidanzato della vittima Chiara Poggi, sia stato condannato in via definitiva, nuovi scenari investigativi e teorie alternative riaccendono il dibattito pubblico. A sorprendere, stavolta, è la stessa famiglia della giovane, che ha scelto di proporre una mossa inedita, con il potenziale di influenzare gli sviluppi delle indagini previste a metà giugno. L’attenzione ora non è più solo sugli indagati, ma anche su chi, negli anni, ha manipolato i reperti dell’omicidio.
Il genetista forense Marzio Capra, consulente della famiglia Poggi, presenterà infatti una richiesta che potrebbe fare scalpore: ottenere campioni di DNA anche dagli esperti tecnici che, in passato, hanno esaminato le prove biologiche legate al delitto. Una proposta che si collega all’incidente probatorio fissato per il 17 e 18 giugno dal giudice di Pavia, nell’ambito dell’indagine che coinvolge Andrea Sempio, oggi 36enne, come indagato per concorso in omicidio. Sempio, all’epoca dei fatti diciannovenne, era un amico del fratello di Chiara, Marco.
La decisione ultima sul da farsi spetterà al perito incaricato dal giudice, chiamato a valutare se procedere con nuove analisi genetiche sui reperti originali.
La proposta della famiglia Poggi arriva in un momento particolarmente delicato, con due visioni contrapposte che si fronteggiano: da un lato, chi vuole approfondire strade alternative scartate troppo in fretta durante le prime indagini; dall’altro, chi considera già chiarita la responsabilità di Stasi. L’iniziativa di Capra e dei Poggi potrebbe innescare una vera e propria battaglia tra perizie, capace di ribaltare il corso del procedimento e dare nuova linfa all’inchiesta parallela.
A puntare il dito contro le vecchie indagini è anche la difesa di Sempio, guidata dagli avvocati Massimo Lovati e Angela Taccia. Secondo la loro ricostruzione, Chiara sarebbe stata vittima di un omicidio commissionato da un’organizzazione criminale coinvolta in traffici illeciti e abusi. Un’ipotesi estrema, ma alimentata da alcuni file presenti in una chiavetta USB conservata dalla ragazza prima della morte, contenenti articoli legati a episodi di pedofilia nei pressi del Santuario della Bozzola, vicino alla sua abitazione.
La menzione del Santuario ha portato la Diocesi di Vigevano a intervenire, difendendo con fermezza la reputazione e la vocazione spirituale del luogo. Con una nota ufficiale firmata dal portavoce del vescovo, don Emilio Pastormerlo, la Chiesa ha preso le distanze da ogni insinuazione, dichiarando l’intento di tutelare le attività religiose che si svolgono quotidianamente nella struttura.
Nel comunicato si fa anche riferimento a un episodio noto, avvenuto nel 2014, quando l’allora rettore del Santuario, don Gregorio Vitali, fu vittima di un ricatto sessuale da parte di due cittadini romeni. I due, dopo averlo filmato in atteggiamenti compromettenti, lo minacciarono per ottenere denaro. Il tribunale di Pavia li condannò per estorsione aggravata.
Resta da capire se davvero esista un legame tra quell’ambiente e il delitto di Chiara Poggi. Per la difesa di Sempio, è un’ipotesi da non sottovalutare. La famiglia Poggi, invece, si muove con riserbo e pragmatismo, determinata a far luce sui fatti senza perdere di vista il rispetto per la memoria della figlia. Toccherà ora alle nuove analisi genetiche – forse estese anche a chi ha operato sul caso sin dalle prime ore – offrire risposte a domande ancora senza una vera conclusione.
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