Una svolta inaspettata ha riportato l’attenzione su uno dei delitti più discussi della cronaca italiana. A quasi vent’anni dall’assassinio di Chiara Poggi a Garlasco, emerge un elemento finora rimasto nell’ombra: un file Word dal titolo disturbante, “abusati550.doc”, custodito su una chiavetta USB ritrovata nella casa della giovane.
Il documento, salvato due mesi prima della sua tragica scomparsa, contiene una serie di articoli focalizzati sugli abusi sessuali perpetrati da membri del clero. Un elemento, questo, ignorato per anni, che ora assume un ruolo cruciale nelle mani dell’avvocato Massimo Lovati, difensore di Andrea Sempio, il nuovo indagato nella riapertura dell’inchiesta voluta dalla Procura di Pavia.
La chiavetta, trovata nell’abitazione di Chiara, raccoglieva materiale specifico su casi di pedofilia all’interno di ambienti religiosi, con riferimento diretto a sacerdoti coinvolti. L’ipotesi dell’avvocato Lovati è che Chiara stesse accumulando prove su un argomento scottante, forse con l’intento di denunciarlo. Questa nuova pista si intreccia con altri frammenti emersi nel tempo, lasciando intendere che la ragazza fosse venuta a conoscenza di segreti scomodi.
Lovati ha avanzato una teoria sorprendente: Chiara potrebbe essere stata uccisa da un sicario. Secondo questa visione, Alberto Stasi – già condannato per il delitto – sarebbe stato a conoscenza di qualcosa, ma impossibilitato a parlarne. Il punto nevralgico sarebbe il santuario della Bozzola, non distante da Garlasco, dove nel 2014 scoppiò uno scandalo di ricatto sessuale che coinvolgeva don Gregorio Vitali. All’epoca si parlò di un possibile giro di abusi legato alla comunità religiosa, ipotesi mai confermata, ma che torna ora a riemergere con forza.
Andrea Sempio, amico di Chiara, è tornato sotto i riflettori grazie alla nuova direzione investigativa. La sua difesa ha evidenziato dettagli trascurati come la pendrive e l’assenza di un movente chiaro. Lovati ha parlato apertamente della possibilità che dietro al delitto si nasconda un’organizzazione pronta a tutto per difendere i propri segreti. Nonostante manchino prove tangibili, le nuove ipotesi invitano a riconsiderare scenari rimasti finora inesplorati.
Al momento, non esiste alcuna prova che colleghi direttamente il contenuto della chiavetta all’omicidio di Chiara Poggi. Le teorie restano tali, prive di conferme giudiziarie. Tuttavia, la scoperta di quel file, unita al tempismo con cui venne salvato, continua a sollevare dubbi irrisolti. L’inchiesta riaperta potrebbe offrire nuovi percorsi investigativi, o rivelarsi solo un nuovo vicolo cieco in un caso che, per molti, è ancora avvolto nel buio.
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