Diciotto anni dopo l’omicidio che ha scosso l’Italia intera, l’eco del caso Chiara Poggi torna a farsi sentire. Ma il centro dell’indagine si sposta: dalle teorie da salotto alle analisi da laboratorio, dai mormorii locali ai rilievi tecnici. La nuova direzione dell’inchiesta si basa finalmente su dati concreti, e non più su supposizioni.
Nei giorni scorsi si era parlato di una possibile audizione imminente di Stefania e Paola Cappa, care amiche della vittima e, secondo alcuni, forse depositarie di segreti rimasti sepolti. Tuttavia, fonti investigative hanno smorzato queste voci, chiarendo che al momento non è previsto alcun confronto con le due donne. L’attenzione degli inquirenti è ora concentrata su elementi tangibili che potrebbero riscrivere quanto finora ritenuto certo sul delitto di via Pascoli.
Il nome su cui si concentrano oggi le indagini è quello di Andrea Sempio, amico stretto del fratello di Chiara. Già emerso in passato ma lasciato in secondo piano, oggi Sempio è formalmente sotto indagine. Gli inquirenti sono alla ricerca di un elaborato che avrebbe realizzato nel 2013 per un corso di giornalismo, in cui avrebbe descritto l’omicidio Poggi. Il contenuto preciso non è noto, ma se rinvenuto, potrebbe offrire nuove prospettive sulla sua conoscenza dei fatti e sul suo stato d’animo all’epoca.
Un momento cruciale è atteso per il 17 giugno, quando prenderà il via un incidente probatorio decisivo. Al centro, reperti mai sottoposti alle tecnologie forensi attuali o rivalutati in modo approfondito. Due tracce, in particolare, potrebbero cambiare tutto: l’impronta 33 e l’impronta 10.
La prima è una traccia palmare rilevata su una parete della scala che porta al seminterrato, luogo del ritrovamento del corpo di Chiara. Secondo un’analisi tecnica, potrebbe appartenere proprio a Sempio. Già trattata con ninidrina, è ora oggetto di una richiesta per l’analisi ematica: la verifica della presenza di sangue potrebbe rivelarsi determinante. Come ha spiegato il consulente Pasquale Linarello: “Se in quell’impronta fossero rilevati sia il sangue della vittima sia i segni di Sempio, sarebbe una prova schiacciante”.
La seconda, l’impronta 10, è una traccia di sangue trovata sulla porta d’ingresso dell’abitazione. Non riconducibile a Sempio né ad altre persone coinvolte, la macchia contiene DNA parzialmente compatibile con quello di Chiara. Resta da chiarire se vi sia materiale genetico appartenente a un uomo ignoto – o forse a una donna – ipotesi complicata dalla predominanza del cromosoma X della vittima.
In questo nuovo scenario dominato da impronte e analisi genetiche, la posizione delle sorelle Cappa sembra secondaria. Un loro eventuale coinvolgimento futuro non è escluso, ma verrà valutato solo se gli sviluppi scientifici richiederanno nuovi approfondimenti. Per ora, la strategia investigativa punta sulla discrezione e sull’analisi tecnica, lasciando parlare i dati.
Nel frattempo, la difesa di Alberto Stasi non si arrende. L’obiettivo è dimostrare che gli elementi che lo hanno portato alla condanna non reggerebbero a un’analisi odierna, più avanzata e scrupolosa. Per gli avvocati, solo ora ci sono gli strumenti per reinterpretare un caso segnato fin dall’inizio da errori e lacune.
Il delitto di Chiara Poggi è di nuovo al centro della giustizia italiana. Questa volta, forse, con più mezzi per arrivare finalmente a una verità che sfugge da quasi due decenni.
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