Da qualche tempo, qualcosa sembrava essersi incrinato nel quotidiano equilibrio di Ellen Kessler. Chi le stava vicino parlava di momenti di smarrimento, di uno sguardo che talvolta pareva perdersi oltre il presente, mentre Alice continuava a mostrare la sua solita vitalità. Un contrasto difficile da interpretare, ma sufficiente a far intuire che dietro l’aura radiosa delle celebri gemelle si celasse una fragilità inattesa.
Nella villetta raffinata di Grünwald, poco fuori Monaco, la loro vita si era sempre mossa tra riti quotidiani e silenzi condivisi. Due appartamenti gemelli, collegati da una porta scorrevole che si chiudeva per lasciare spazio alla solitudine e si riapriva per ritrovare l’altra metà di sé. Per chi le incontrava, erano inseparabili, due volti della stessa storia, unite da un’intesa che non aveva bisogno di parole.
Le giornate scorrevano tra cene senza formalità e il famoso appuntamento del martedì, quando con le amiche di lunga data si ritrovavano nel loro angolo riservato in birreria, lontano da telecamere e passerelle. Eppure, dietro quell’armonia rimaneva sempre presente la nostalgia per l’Italia: gli anni del successo, i varietà, le serate romane dove la notte sembrava non finire mai. Ellen aveva scelto un angolo di Trastevere come porto sicuro, e Alice la raggiungeva spesso. Insieme tornavano nei luoghi dove la loro leggenda aveva preso forma.
La loro storia era iniziata a Lipsia, tra esplosioni che frantumavano sogni e la scuola di danza. A soli quattordici anni, la fuga verso l’Ovest per lasciarsi alle spalle la Germania dell’Est, un’infanzia segnata da un padre duro e da assenze difficili da dimenticare. “Saremmo diventate altre persone se fossimo rimaste nella DDR”, ripetevano spesso. Da quella ferita era nata una promessa muta ma incrollabile: non permettere mai a nessuno di decidere per loro.
Quella forza l’aveva guidata anche nei sentimenti. Alice parlava con ironia della sua liaison con Enrico Maria Salerno; Ellen portava invece un dolore più sottile, quello lasciato dal tradimento di Umberto Orsini. Eppure, nonostante le cicatrici, nella casa bavarese avevano costruito un rifugio fatto di album di foto, scaffali pieni di libri e ricordi delle estati luminose a Positano, tra amici, arte e musica.
Chi conosceva davvero Ellen diceva che, nei momenti di maggiore malinconia, le fosse sfuggita una frase dal sapore struggente: “Se un giorno dovesse arrivare il momento, preferirei andarmene con lei”. Un pensiero dolce e terribile allo stesso tempo, capace di raccontare in poche parole un’intera esistenza vissuta in simbiosi, tra ombre e bagliori, sorrisi e nostalgie.
Forse, dietro quella recente tristezza che molti avevano notato, si celava proprio questo: la paura di un distacco impossibile da immaginare. Perché per le Kessler, da sempre, vivere aveva voluto dire essere in due. Sempre. Anche di fronte all’inevitabile.
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