Giorgia Meloni è tornata a bersagliare lo scrittore Roberto Saviano, che ha denunciato per via di un appellativo poco gentile da lui utilizzato in prima serata nei suoi confronti. La premier ha riaperto il dibattito in una recente intervista per il Corriere della Sera, dove ha spiegato la sua posizione, precisando le ragioni che l’hanno spinta a presentare la querela nei confronti di Saviano.
Lo scrittore ha innescato polemiche dando dei “bastardi” a Giorgia Meloni ed a Matteo Salvini, e facendo registrare la reazione della premier che è stata invitata a fare un passo indietro. Questo nel dettaglio il commento dello scrittore finito nell’occhio del ciclone: “Vi sarà tornato alla mente tutto il ciarpame detto sulle Ong: ‘taxi del mare’, ‘crociere’… viene solo da dire bastardi. A Meloni, a Salvini, bastardi, come avete potuto? Come è stato possibile, tutto questo dolore descriverlo così? È legittimo avere un’opinione politica ma non sull’emergenza”.
A chi le ha chiesto a gran voce di ritirare la querela come nel caso di Burhan Sonmez, presidente della Pen International, il premier ha replicato: “Non penso di ritirarla. Io ho presentato la querela quando ero capo dell’opposizione. L’ho fatto non perché Saviano mi aveva criticato sull’immigrazione ma perché, nel tentativo vergognoso di attribuirmi la responsabilità della morte in mare di un bambino, mi definiva in tv in prima serata una ‘bastarda’”.
Il presidente del Consiglio sempre sul Corriere della Sera ha spiegato il suo fermo punto di vista: “Quando gli è stato chiesto se quella parola non fosse distante dal diritto di critica ha ribadito il concetto. Non capisco la richiesta di ritirare la querela perché ora sarei presidente del Consiglio: significa ritenere che la magistratura avrà un comportamento diverso in base al mio ruolo, ovvero che i cittadini non sono tutti uguali davanti alla legge?
Io credo che tutto verrà trattato con imparzialità, vista la separazione dei poteri. Penso anche che una certa sinistra non debba considerarsi al di sopra della legge. Sto semplicemente chiedendo alla magistratura quale sia il confine tra il legittimo diritto di critica, l’insulto gratuito e la diffamazione”.
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