Cercavano una receptionist e, dopo una selezione accurata, venni scelta per quel ruolo. Ero emozionata: il primo giorno di lavoro rappresenta sempre una sfida e un’opportunità. Fin dall’inizio mi impegnai al massimo, dimostrando di apprendere rapidamente ogni compito e dettaglio del nuovo ambiente. La collega che stava lasciando il posto rimase addirittura colpita dalla mia velocità nell’imparare tutto ciò che c’era da sapere: dalle procedure quotidiane all’uso dei sistemi interni.
Durante la giornata, però, accadde qualcosa di inaspettato. Il capo fece il suo ingresso nell’ufficio. Mi osservò attentamente, senza dire una parola. Poi, con un’espressione neutra, uscì dalla stanza lasciandomi perplessa, ma convinta che stesse solo valutando il mio operato.
Concludendo il mio turno, soddisfatta della mia prestazione e certa di aver superato brillantemente la prima giornata, venni richiamata per un breve colloquio. Fu lì che arrivò la sorpresa: mi comunicarono che non avrei dovuto presentarmi il giorno successivo. Il motivo? Non camminavo bene sui tacchi.
Ammetto di non aver mai imparato davvero a muovermi con disinvoltura indossando scarpe col tacco alto, ma mai avrei pensato che questo dettaglio potesse avere un impatto così determinante sulla mia posizione. Eppure, nel mondo del lavoro soprattutto in alcuni settori l’apparenza e la postura sono considerate parte integrante del ruolo.
Questa esperienza mi ha insegnato una lezione preziosa: spesso ci concentriamo unicamente sulle competenze tecniche e professionali, trascurando elementi apparentemente secondari, ma che per alcune aziende possono fare la differenza.
Oggi sorrido ripensando a quel giorno, consapevole che la vera eleganza non risiede solo nei tacchi alti, ma anche nella sicurezza con cui si affrontano situazioni impreviste.
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