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Coronavirus. La maschera da sub di Decathlon diventa un ventilatore ospedaliero

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La maschera da sub prodotta e venduta da Decathlon diventa un ventilatore ospedaliero.
Ci sono voluti solo sette giorni per dare vita ad un’idea, geniale, del Dott. Favero, ex primario dell’Ospedale di Gardone Val Trompia, in provincia di Bescia, per dare una mano a coloro che sono colpiti da Coronavirus.

Una normale maschera da sub trasformata in un respiratore, in grado di essere utilizzato nei reparti di terapia intensiva e dare un aiuto fondamentale a chi necessita di ossigeno.

”L’idea è venuta a un ex primario, il dottor Renato Favero”, racconta a Business Insider Italia, Cristian Fracassi, ingegnere bresciano, e mente pulsante di Isinnova, una realtà che lavora nel settore della ricerca e dell’innovazione.

L’obiettivo del medico era quello di trovare un’alternativa alla scarsità di dispositivi C-Pap, le maschere utilizzate nei reparti di terapia sub-intensiva, ormai sovraffollate di pazienti.

“Il primario ci ha contattato con l’idea di trasformare una maschera da sub in un ventilatore. ‘Mi date una mano?’, ha chiesto. Dopo tre ore di lezione di anatomia ci ha detto: ‘A voi’,  racconta l’Ingegner Fracassi.

In una sola settimana il team di Fracassi ha così dato vita a Charlotte, la valvola che consente il raccordo tra la maschera da sub e l’ossigeno.

Maschera da sub diventa un ventilatore ospedaliero

La maschera da sub diventa un dispositivo per la terapia intensiva

“Abbiamo contattato in breve tempo Decathlon, in quanto ideatore, produttore e distributore della maschera Easybreath da snorkeling.

L’azienda si è resa immediatamente disponibile a collaborare fornendo il disegno CAD della maschera che avevamo individuato.

È stato poi disegnato il nuovo componente per il raccordo al respiratore, che abbiamo chiamato valvola Charlotte.

Il prototipo della maschera è stato testato su un nostro collega direttamente all’Ospedale di Chiari, agganciandolo al corpo del respiratore, e si è dimostrato correttamente funzionante”.

Ma in un comunicato l’azienda precisa:
“Né la maschera né il raccordo valvolare sono certificati e il loro impiego è subordinato a una situazione di cogente necessità.

L’uso da parte del paziente è subordinato all’accettazione dell’utilizzo di un dispositivo biomedicale non certificato, tramite dichiarazione firmata”.

Un’idea straordinaria, la maschera potrebbe rivelarsi un aiuto enorme agli ospedali di Brescia e Bergamo, soprattutto nei reparti di pronto soccorso dove i pazienti necessitano di ossigeno.

Per approfondire:

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