Advertisement

Yara Gambirasio. La sentenza di Cassazione dà ragione a Massimo Bossetti: i legali annunciano un “terremoto”

Advertisement

Torna ad aprirsi la vicenda giudiziaria che vede protagonista Massimo Bossetti. L’uomo che, secondo i tribunali, sarebbe l’autore della morte di Yara Gambirasio.

Il 21 maggio la prima sezione della Corte di Cassazione ha dato il parere favorevole all’istanza presentata dai legali di Massimo Bossetti. Ovvero la possibilità di conoscere lo stato di conservazione dei reperti. Un passaggio, fanno sapere i suoi avvocati, in grado di scatenare un vero e proprio terremoto.

Claudio Salvagni e Paolo Camporini, questi i nomi dei difensori del muratore condannato per l’omicidio di Yara Gambirasio, ritengono di fondamentale importanza conoscere lo stato di conservazione dei reperti.

Leggi anche:”Massimo Bossetti e Yara non si sono mai visti, non si conoscevano”, dichiara la difesa rivendicando l’innocenza dell’uomo

Massimo Bossetti

La certezza degli avvocati di Massimo Bossetti

Le avvisaglie di questo fondamentale passaggio c’erano state a gennaio, quando la sentenza della Corte di Cassazione aveva espresso il parere favorevole al diritto della ricognizione dei reperti. Contro questa richiesta degli avvocati di Bossetti, sia il Procuratore capo Antonio Chiappani che il Pubblico Ministero Letizia Ruggeri si erano espressi in maniera sfavorevole. Definendo degli scarti i campioni di dna rilevati sugli indumenti della giovane  Yara.

La difesa, di contro, continua a sostenere che da questi sarebbero state individuate le tracce di quel “Ignoto 1” che ha portato alla individuazione di Massimo Bossetti. “Siamo certi, ripetono gli avvocati, che l’esame del Dna restituirebbe una risposta diversa da quella data in passato“.

Leggi anche: Omicidio Yara. Massimo Bossetti urla la sua innocenza: “Non sono io il colpevole, Yara non ha avuto giustizia”

La tragica vicenda di Yara ha portato alla condanna all’ergastolo di Bossetti, nonostante la prova del dna non sia mai stata concessa. Poter avere accesso ai reperti, sebbene l’accusa li definisca degli scartini, costituisce quindi una vittoria importante della difesa del muratore condannato.

Bocche cucite sebbene, sostengono in molti, “se saltasse la prova del Dna, salterebbe tutto”. Perché, è la tesi della difesa, per quanta determinazione sia stata messa nell’indagine, invano si troverebbe nel fascicolo d’inchiesta una prova contro Massimo Bossetti degna di questo nome.

CONDIVIDI ☞