Poco fa abbiamo assistito ad una confessione dolorosa di Mauro Corona a È sempre Carta Bianca, quella sulla figura paterna. L’autore, noto per la sua verve tagliente e la scultura, si apre in un racconto che tocca le corde dell’anima:
“Mandò in coma mia madre tre volte. Finché lei scappò di casa”
Queste le parole crude che descrivono gli anni più bui della sua infanzia.
Il Corona scrittore, l’artista che con il legno parla all’anima, è anche l’opinionista senza filtri che tutti conoscono nel salotto di Bianca Berlinguer. Ma dietro l’immagine pubblica, si cela un uomo che non dimentica le sue radici, né le ombre del passato.
La vita ai margini di un carretto, tra il Veneto e il Friuli, è stata la sua culla. Il piccolo Mauro vide il mondo per la prima volta su un carretto ambulante, circondato da mestoli e ciotole di legno.
“Fui partorito a Baselga di Piné sul carretto dei miei, venditori ambulanti friulani. A piedi, andavano a piazzare mestoli e ciotole in legno fino a Genova, porta a porta. Mi sento anche veneto”
Ma la figura del padre, uomo dal cuore impervio, segnato dall’alcol e dalla violenza, emerge nella memoria come un oscuro nemico. L’incubo di una madre che cade, una e ancora una volta, fino a quando il silenzio della fuga sembra l’unica salvezza. E lui, bambino di soli sei anni, rimane a guardare, con un fratello poco più piccolo e un altro appena nato.
L’adolescenza di Corona è stata un viaggio solitario, ritrovando una madre assente solo a tredici anni. Un volto materno che forse aveva imparato a cancellare, ma che una volta ritrovato, non ha potuto dimenticare.
L’amore e la delusione per la politica, un tempo passione ardente, adesso solo cenere di un fuoco spento. Corona ammette:
“Avevo la tessera di Rifondazione comunista. Mi astengo da 20 anni, non mi sento rappresentato. Vado alle urne solo per eleggere il sindaco”.
Un’anima critica che non trova più casa in nessun ideale, in nessun partito.
Eppure, al di là del dolore e della disillusione, c’è un qualcosa che lo tiene ancorato alla vita: la felicità familiare. Quando i suoi figli, dopo momenti di angoscia e incertezza, tornano a casa con buone notizie.
“Due dei miei quattro figli hanno avuto guai di salute. La felicità è quando tornano dai controlli periodici e mi dicono: ‘Tutto bene, papà’.”
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