Coronavirus. È ancora una volta dalla Campania che arriva uno spiraglio di luce e speranza. A Napoli è stata scoperta la molecola che può uccidere il Covid-19.
La ricerca, in ogni parte del mondo, non si ferma. Si lavora senza sosta, con turni spesso massacranti. Il nemico, oltre al Coronavirus, è il tempo. Quando il tempo riguarda la salvezza di vite umane.
Questa volta la protagonista è la Prof. Annalisa Capuano, farmacologa della Vanvitelli. In collaborazione con il Prof. Giorgio Recagni, ordinario a Milano e presidente della Società italiana di Farmacologia, ha ottenuto risultati realmente interessanti.
La sua scoperta, come spesso accade in questi casi, è partita da un farmaco già esistente.
In una lunga intervista rilasciata a La Repubblica, la Prof. Capuano ha riportato i risultati ottenuti sulla molecola gabesato mesilato . Molecola già contenuta in un farmaco utilizzato per trattare i pazienti con la pancreatite acuta.
“La prima fase è caratterizzata dalla viremia, quando il virus inizia a replicarsi e che, però, può decorrere in maniera favorevole.
La seconda arriva se l’organismo non ce la fa a contrastare la replicazione virale”, spiega la Prof. Capuano.
“Si instaura quindi un quadro infiammatorio a cascata: prima coinvolge i polmoni (con una polmonite bilaterale interstiziale). Poi, l’infiammazione diventa più importante e si scatena la tempesta citochinica (processo infiammatorio innescato dal sistema immunitario), prosegue la Professoressa.
”La terza fase arriva quando la marcata infiammazione cui accennavo, inizia a causare alterazioni vascolari severe che, a loro volta, determinano fenomeni trombotici non solo a livello dei polmoni, occludendone gran parte dei piccoli vasi, ma anche coinvolgendo tutto il sistema microvascolare.
A questo punto si instaura una condizione estremamente grave, la “coagulazione intravasale disseminata” (Cid)
“Le autopsie sulle povere vittime da Covid-19 hanno dimostrato quadri molto severi di Cid. Ecco perché si è deciso di somministrare anche l’eparina che, però, può potenzialmente causare emorragie.
Perciò, abbiamo pensato a una molecola che non presenti lo stesso rischio, e il gabesato risponde a questa necessità e serve anche a contrastare le altre due fasi dell’infezione da Covid-19“.
“Appartiene alla categoria dei cosiddetti “inibitori delle proteasi feriniche”: sono enzimi presenti soprattutto sulla superficie delle cellule polmonari. Inibisce l’accesso del virus nelle cellule e pertanto contrasta la viremia.
Poi, svolge un ruolo antinfiammatorio riducendo la produzione di citochine, in particolare TNF-alfa. Infine ha un buon profilo di tollerabilità, ma va somministrato entro 48 ore dall’insorgenza dei sintomi.“.
Cosa accade quando il virus incontra questi enzimi?
“Il Covid19 si aggancia a questi ultimi attraverso, lo spike-protein (fa parte dell’involucro esterno del virus) che gli consente di raggiungere la cellula bersaglio, legandosi al suo recettore. E così, da questa porta d’ingresso invade l’organismo“, conclude la Prof. Capuano.
È dunque in attesa dell’autorizzazione dell’Aifa, che dovrebbe arrivare entro una settimana, la sperimentazione che sarà condotta su circa 80 pazienti.
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