“La democrazia è la base indispensabile per costruire una pace autentica e duratura. Eppure, assistiamo a una fase storica in cui questa base vacilla: autoritarismi in espansione, governi che usano la forza per imporsi, libertà ridotte al silenzio. La realtà del Venezuela, con il suo regime oppressivo, è solo una delle tante facce di questo fenomeno globale. Il 2024 ha visto il numero più alto di elezioni mai registrato, ma la qualità democratica di questi voti è in netto calo.”
Con queste parole forti e dirette, il Comitato per il Nobel norvegese ha proclamato Maria Corina Machado vincitrice del Premio Nobel per la Pace 2025. Storica oppositrice del governo venezuelano, Machado ha dedicato la propria vita alla difesa dei diritti civili e delle libertà fondamentali nel suo Paese, diventando un simbolo di resistenza pacifica contro l’autoritarismo di Nicolás Maduro. Il premio, oltre a rendere omaggio alla sua tenacia, rappresenta un chiaro segnale a livello mondiale: anche sotto le peggiori dittature, la lotta per la democrazia non deve essere dimenticata.
Il conferimento del Nobel a Machado è stato accolto con favore da gran parte della comunità internazionale, che ha letto in questa scelta un gesto di vicinanza e sostegno alla popolazione venezuelana. Tuttavia, non sono mancate polemiche e visioni discordanti, soprattutto dopo settimane di speculazioni sui candidati in lizza. Tra i nomi citati dai media c’era anche quello di Donald Trump, proposto da alcuni per il ruolo avuto in iniziative diplomatiche durante il suo mandato presidenziale.
A gettare benzina sul fuoco è intervenuto il ministro degli Esteri Antonio Tajani, ospite in una trasmissione televisiva mattutina. Tajani ha dichiarato che non avrebbe trovato “inappropriato” un riconoscimento all’ex presidente degli Stati Uniti: “Perché mai dovrebbe essere uno scandalo? I risultati ci sono stati. Al di là della simpatia personale o del consenso politico, è innegabile che abbia raggiunto degli obiettivi.” Una dichiarazione che ha alimentato il dibattito sulla reale natura e funzione del Premio per la Pace.
Le parole di Tajani hanno messo in evidenza, ancora una volta, come il Nobel per la Pace non sia mai un premio neutro. Anche nel 2025, il riconoscimento si conferma un atto profondamente politico, capace di generare riflessioni e discussioni su scala globale. La scelta di premiare Maria Corina Machado arriva in un periodo in cui le democrazie, ovunque, sono sotto pressione: minacciate da derive autoritarie, da crisi istituzionali e da un crescente scollamento tra popoli e governi.
Il messaggio del Comitato di Oslo va quindi oltre il merito individuale. Vuole ricordare che la pace non può esistere senza giustizia, senza diritti, senza libertà. In un mondo dove il numero delle elezioni cresce, ma diminuiscono quelle davvero libere, il Nobel 2025 ci impone una riflessione urgente: difendere la democrazia è oggi più che mai una necessità, e chi lo fa con coraggio merita non solo rispetto, ma sostegno concreto.
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