A diciotto anni dal tragico omicidio di Chiara Poggi a Garlasco, il mistero continua ad alimentare dibattiti, sospetti e confronti accesi. Se da un lato la giustizia ha emesso il suo verdetto definitivo condannando Alberto Stasi, dall’altro il dibattito mediatico resta vivo, alimentato da programmi come Quarto Grado, dove si susseguono teorie e interrogativi.
Nel recente episodio, al centro del confronto è riemersa la cosiddetta “impronta 33”, una traccia individuata sul muro, non distante dal luogo in cui fu rinvenuto il corpo della giovane. Apparentemente irrilevante, per alcuni potrebbe nascondere la verità mai pienamente esplorata.
Durante la trasmissione, è intervenuto l’ex comandante del RIS di Parma, il generale Luciano Garofano, oggi consulente della difesa di Andrea Sempio – l’amico del fratello di Chiara, indagato in un filone investigativo alternativo.
Garofano ha sottolineato come l’“impronta 33” non contenesse sangue: tutte le analisi, da quelle per rilevare l’emoglobina a quelle specifiche per emoglobina umana, hanno dato esito negativo. Anche i tentativi di estrazione del DNA sono risultati vani, a causa della scarsa qualità del materiale biologico.
Secondo il generale, quella traccia fu esaminata solo per via della sua posizione, non per sospetti legati al sangue. Ha chiarito inoltre che il reagente utilizzato, la ninidrina, interagisce con amminoacidi e non con il sangue, escludendo ogni equivoco visivo sul colore. In disaccordo con altre interpretazioni tecniche, Garofano ha ribadito che si trattava di un controllo scrupoloso, non della ricerca di una prova regina.
A movimentare il dibattito è stato l’ingresso del giornalista Carmelo Abbate, che ha messo in discussione la lettura di Garofano con tono deciso. “Il generale sta riconoscendo che era una traccia importante”, ha affermato, sollevando le proteste del consulente, che ha subito replicato accusandolo di confondere fatti con opinioni.
Il nodo cruciale è se quella traccia sia stata lasciata prima, durante o dopo il delitto. Abbate ha incalzato: “Se davvero chi l’ha impressa ha dovuto scendere le scale e fermarsi lì, allora sì: quella è l’impronta dell’assassino!”. Una deduzione che Garofano ha definito “azzardata e rischiosa”.
Garofano ha poi espresso dissenso sulla ricostruzione di Abbate: “Questo non è giornalismo serio, chi fa informazione dovrebbe evitare simili affermazioni”. Il giornalista ha però rilanciato, sottolineando che Andrea Sempio frequentava quella casa e toccava spesso quel muro, ma che anche altri amici del fratello lo facevano, pur senza lasciare tracce.
Spostando il focus sul DNA rilevato sotto le unghie di Chiara, Garofano ha ricordato che nessuna delle analisi ufficiali ha individuato un profilo maschile rilevante. Solo un’analisi successiva ha mostrato un DNA parziale, compatibile ma non identificabile con certezza.
La puntata si è conclusa in un clima teso, con dichiarazioni contrastanti, illazioni e nessuna novità sostanziale dal punto di vista investigativo. La verità resta un orizzonte incerto, mentre il sospetto – per alcuni legittimo, per altri alimentato dal clamore – continua a sopravvivere.
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