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Omicidio di Giulia Tramontano, confermato l’ergastolo a Impagnatiello anche in Appello: esclusa la premeditazione, esplode la rabbia della sorella

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Alessandro Impagnatiello è stato condannato all’ergastolo anche in secondo grado per l’omicidio di Giulia Tramontano, avvenuto il 27 maggio 2023 nella loro casa di Senago, nel Milanese. La Corte d’Assise d’Appello di Milano ha confermato la pena stabilita in primo grado, pur escludendo l’aggravante della premeditazione. Una decisione che ha suscitato profonda indignazione tra i familiari della vittima, in particolare nella sorella Chiara, che ha espresso la sua rabbia sui social con parole durissime.

Nessuna premeditazione, ma resta la crudeltà

Secondo i giudici, Impagnatiello non avrebbe pianificato nei dettagli l’omicidio, come sostenuto dall’accusa. È stata invece riconfermata l’aggravante della crudeltà, dato che Giulia — incinta di sette mesi — avrebbe avuto il tempo di comprendere che stava perdendo la vita e il bambino che portava in grembo. La Corte ha mantenuto anche le aggravanti legate alla convivenza. Impagnatiello ha assistito alla lettura della sentenza senza mostrare alcuna emozione, mentre i genitori di Giulia sono scoppiati in lacrime.

Il processo d’appello è durato appena mezza giornata e si è concluso dopo due ore di camera di consiglio. L’avvocata di Impagnatiello, Giulia Geradini, ha commentato definendo il processo “una sconfitta per tutti”, ma si è detta soddisfatta che la Corte abbia accolto, seppur parzialmente, le sue tesi difensive. Ha aggiunto che valuterà un eventuale ricorso in Cassazione.

La rabbia della famiglia e la denuncia social

Il verdetto ha scatenato l’ira di Chiara Tramontano, sorella della vittima, che su Instagram ha attaccato duramente il sistema giudiziario: “L’ha avvelenata per sei mesi, ha cercato su Google quanto veleno serve per uccidere una donna, poi l’ha uccisa. E questo non è premeditato?”. Il suo post, circondato dalla parola “Vergogna” scritta più volte, denuncia una giustizia percepita come cieca e complice.

Dopo aver ucciso Giulia con 37 coltellate, Impagnatiello cercò più volte di disfarsi del corpo bruciandolo, poi lo nascose dietro alcuni box vicino casa. Nei giorni seguenti simulò la scomparsa della compagna e si recò persino a denunciarne la sparizione, inviandole messaggi nella speranza di depistare le indagini. Il corpo fu ritrovato avvolto in teli di plastica in un’intercapedine, la notte stessa del suo fermo.

La sentenza di Appello non ha portato sollievo alla famiglia Tramontano, che continua a chiedere giustizia piena per Giulia e per il bambino mai nato.

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