Un cantiere abbandonato nel cuore di Afragola: l’accusa della famiglia
Martina Carbonaro, 14 anni, è stata brutalmente uccisa il 26 maggio ad Afragola, in provincia di Napoli. Il colpevole, Alessio Tucci, suo ex fidanzato, ha confessato il delitto. Ma ora, oltre al dolore per una vita spezzata così giovane, si apre un fronte giudiziario e politico che riguarda le condizioni in cui è potuto avvenire l’omicidio.
Secondo l’avvocato della famiglia Carbonaro, Sergio Pisani, Martina non è stata uccisa in un luogo isolato, come inizialmente ipotizzato, bensì all’interno di un cantiere del Pnrr, nel complesso sportivo comunale “Luigi Moccia”. Un cantiere in cui – sostiene Pisani – mancavano totalmente le misure di sicurezza, rendendolo facilmente accessibile a chiunque.
Il legale ha nominato come consulente tecnico l’architetto Paolo Sibilio, che ha individuato con precisione il luogo del delitto: i locali sovrastanti gli spogliatoi del palazzetto, oggetto di lavori di ristrutturazione con fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Lì, l’assassino avrebbe trovato la pietra usata come arma e lo spazio per nascondere il corpo senza che nessuno intervenisse.
L’assenza di controlli e l’appello al governo
Per Pisani, questo non è un dettaglio secondario. Se il delitto fosse stato premeditato, la scelta di un’area priva di sorveglianza non sarebbe stata casuale. Ma anche in caso contrario, il luogo ha comunque offerto all’assassino l’occasione ideale: uno spazio deserto, privo di telecamere, di recinzioni e di controlli. “La pietra era lì, a portata di mano. L’assassino ha potuto agire indisturbato”, ha dichiarato il legale.
Da qui la decisione di chiedere un risarcimento, ma anche di sollevare un problema più ampio: la gestione dei cantieri pubblici finanziati con fondi Pnrr. Pisani ha lanciato un appello diretto alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, affinché si faccia chiarezza. “Com’è possibile – chiede – che un cantiere finanziato con risorse pubbliche fosse in totale abbandono, senza alcuna misura di sicurezza per lavoratori e cittadini?”
L’architetto Sibilio, incaricato di fare luce sulla situazione del cantiere, ha inviato richieste formali di chiarimento agli uffici competenti, ma senza ricevere alcuna risposta. Il silenzio, unito all’inerzia delle autorità preposte, solleva interrogativi gravi su come vengano monitorati e protetti i luoghi pubblici in fase di ristrutturazione.
Intanto, la comunità piange Martina. Ma la famiglia non vuole fermarsi al dolore: cerca giustizia, non solo per la figlia, ma per tutte le vittime di un sistema che – ancora una volta – sembra essersi dimenticato della sicurezza.