Secondo la sentenza emessa nel processo per l’omicidio Willy Monteiro, i fratelli Bianchi non meritano la detenzione a vita: i due hanno evitato l’ergastolo e le ragioni di tale verdetto sono state finalmente rese note. La Corte d’appello d’Assise di Frosinone ha reso note le motivazioni della decisione presa lo scorso luglio, svelando dettagli inquietanti sull’atto di violenza che ha portato alla morte del giovane Willy.
Gabriele e Marco Bianchi sono stati descritti come autori di “una violenza inaudita, colpi sferrati per uccidere”. Tuttavia, nonostante la gravità delle loro azioni, la pena d’ergastolo inizialmente prevista è stata ridotta a 24 anni di reclusione. Anche i loro complici, Pinciarelli e Belleggia, sono stati condannati a 21 e 23 anni rispettivamente. La sentenza ha rivelato che, sebbene i fratelli Bianchi abbiano sferrato i colpi mortali, non erano stati coinvolti nella lite iniziale che è degenerata in una violenta rissa quella tragica notte del 6 settembre 2020, questo dettaglio ha giocato un ruolo cruciale nella riduzione della loro pena, evitandolo loro l’ergastolo.
La sentenza, lunga oltre 50 pagine, descrive l’aggressione in termini grafici e sconcertanti. Gabriele Bianchi ha iniziato l’attacco con un calcio violento al petto di Willy, seguito da un pugno mentre il giovane cercava di rialzarsi. Marco Bianchi ha poi colpito un amico di Willy e la stessa vittima di quella folle aggressione con calci e pugni.
Pincarelli e Belleggia si sono uniti all’attacco, colpendo Willy mentre era a terra inerme. Nonostante la brutalità dell’aggressione, la sentenza ha interpretato le azioni dei Bianchi come “dolo eventuale“. Avevano compreso il rischio mortale delle loro azioni, ma erano mossi da un impulso violento, non da un intento premeditato di uccidere.
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