A Palmoli, il caso della famiglia Trevallion-Birmingham continua a dividere l’opinione pubblica. In un’intervista al quotidiano Il Centro, il sindaco Giuseppe Masciulli ha voluto fare chiarezza sull’intera vicenda, sottolineando che l’intervento delle autorità non è mai stato pensato come una misura coercitiva, ma piuttosto il risultato di un lungo percorso iniziato oltre un anno fa.
Tutto ha avuto origine il 22 settembre 2024, quando un’intossicazione da funghi ha acceso i riflettori su una realtà familiare complessa e vulnerabile. Da quel momento, spiega il primo cittadino, il Comune ha avviato un percorso mirato a un solo scopo: “Fare in modo che i bambini non venissero affidati a una struttura protetta”. Da lì in poi, incontri, trattative e forme di assistenza sono stati messi in campo per evitare soluzioni drastiche.
Le prime criticità sono emerse grazie a una segnalazione dei carabinieri, che hanno evidenziato condizioni di vita precarie nella dimora boschiva della famiglia. Il Comune si è subito attivato offrendo un’abitazione alternativa nel cuore del paese: tre camere, cucina, soggiorno, doppi servizi e riscaldamento, pensata come punto di partenza per un progetto di stabilità.
La famiglia aveva inizialmente accettato l’alloggio, ma vi ha soggiornato solo per dieci giorni, prima di fare ritorno nella loro proprietà: una vecchia casa colonica riadattata in modo autonomo, senza servizi essenziali e con un bagno a secco. Nonostante ciò, l’offerta comunale è rimasta aperta, con l’intento di garantire un alloggio adeguato fino a eventuali lavori di ristrutturazione.
Nel frattempo, l’amministrazione aveva anche predisposto un piano di inserimento scolastico per i bambini, pensato per rispettare i loro ritmi e favorire un inserimento graduale. I genitori avevano persino la possibilità di assistere alle lezioni. Tuttavia, la famiglia ha deciso di optare per l’istruzione parentale, una scelta del tutto legittima, ma che ha avuto un impatto in un contesto già delicato, sospeso tra indipendenza e bisogno di integrazione.
Il quadro si è aggravato quando sono emerse nuove criticità legate all’abitazione e alla mancanza di socializzazione dei minori. Il tribunale ha allora proposto un piano condiviso: ristrutturazione della casa, visite mediche obbligatorie, incontri educativi con figure professionali. I genitori avevano inizialmente accettato, ma – secondo il sindaco – non avrebbero rispettato quanto stabilito.
Il punto più spinoso ha riguardato le visite sanitarie: la famiglia avrebbe addirittura chiesto un compenso di 150 mila euro per sottoporsi ai controlli richiesti, una mossa che ha incrinato ulteriormente il dialogo con le istituzioni.
Dopo oltre sette mesi di tentativi e confronti, si è giunti alla collocazione dei minori in una struttura, una decisione molto contestata. Ma Masciulli respinge le accuse di azioni forzate: prima un incontro in Comune, poi un confronto in caserma per stabilire tempi e modalità, infine la scelta di permettere alla madre di stare nella stessa struttura dei figli. Tutto – sottolinea il sindaco – è avvenuto in accordo e senza traumi, nel pieno rispetto della serenità dei bambini e assicurando la presenza di un genitore.
Mentre l’opinione pubblica continua a dividersi tra chi sostiene la libertà della famiglia e chi difende l’operato delle istituzioni, il sindaco lancia un messaggio chiaro: “Accettate l’alloggio che vi abbiamo messo a disposizione. È l’unica via per riportare i vostri figli con voi. La priorità deve essere il loro benessere”.
Con queste parole, Masciulli cerca di riportare l’attenzione sull’aspetto più importante di tutta la vicenda: la protezione dei minori, che dovrebbe guidare ogni scelta e orientare ogni azione.
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