In dodici anni di pontificato, Papa Francesco ha profondamente segnato la Chiesa cattolica, promuovendo una trasformazione non solo teologica e pastorale, ma anche simbolica e sociale. Tra i punti cardine del suo cammino c’è stato il tentativo concreto di restituire visibilità e ruolo alle donne in un’istituzione storicamente guidata da figure maschili. Non ha mai nascosto la sua posizione:
“La Chiesa è donna, e uno dei nostri grandi errori è stato maschilizzarla”, aveva detto in un’intervista. E ancora:
“Quando le donne guidano, le cose funzionano meglio.”
Parole che oggi risuonano ancora più forti alla luce delle polemiche sorte in seguito a uno speciale televisivo a lui dedicato.
Durante la puntata commemorativa di Porta a Porta, andata in onda su Rai 1 nella serata successiva alla sua morte, a colpire il pubblico non è stato tanto il ricordo quanto la composizione del dibattito: nove uomini in studio – incluso il conduttore Bruno Vespa – a discutere del pontificato di un Papa che ha aperto ruoli finora inaccessibili alle donne. Nessuna voce femminile al tavolo. L’unica presenza femminile evidenziata? Alcune suore tra il pubblico, come segnalato dallo stesso Vespa con un commento che ha lasciato perplessi:
“Siamo tutti uomini qui, ma ci sono le suore tra il pubblico.”
La scelta del programma ha sollevato un’ondata di critiche sui social. In molti hanno giudicato inaccettabile che, in uno speciale dedicato a un Papa così attento al ruolo delle donne, non fosse presente neppure una teologa, una religiosa, o una studiosa. Tra le voci più dure, quella del giornalista Lorenzo Tosa, che su Facebook ha scritto un post molto condiviso:
“Otto uomini su otto invitati da Vespa per discutere del Papa che ha aperto la Curia alle donne. Su altri canali, almeno, c’erano teologhe, suore, studiose.”
Il post ha fatto rapidamente il giro del web, raccogliendo migliaia di reazioni. Tanti gli utenti che hanno definito la trasmissione “imbarazzante”, “inaccettabile” o addirittura “un insulto alla memoria del Papa”. Qualcuno ha ricordato che non è la prima volta che Vespa propone panel completamente maschili su temi delicati: un esempio su tutti, la puntata sull’aborto in cui parteciparono solo uomini.
Oltre la polemica, l’episodio ha acceso una riflessione più ampia: quella sul modo in cui si racconta il cambiamento. Papa Francesco ha lottato per una Chiesa meno autoreferenziale, più aperta e accogliente anche verso le istanze femminili. Eppure, nel giorno della sua scomparsa, uno dei principali programmi del servizio pubblico ha scelto di raccontarlo esclusivamente attraverso voci maschili.
Per molti, si è trattato di un’occasione mancata. In un momento in cui l’eredità del Pontefice avrebbe potuto essere onorata dando spazio a chi ha incarnato quel cambiamento, si è preferita una rappresentazione anacronistica. Un gesto simbolico – o forse una mancanza – che ha lasciato l’amaro in bocca a chi credeva davvero in quel nuovo corso voluto da Francesco.
Una Chiesa rinnovata non può che passare anche dalla narrazione di chi la racconta. E in questo caso, la narrazione è sembrata in ritardo rispetto alla realtà che il Papa aveva cercato di costruire.
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