Era il 13 agosto 2007 quando, in una villetta tranquilla in via Pascoli a Garlasco, nel cuore della provincia pavese, si consumò un omicidio che avrebbe segnato la cronaca italiana per anni. Chiara Poggi, 26 anni, da poco laureata, venne ritrovata priva di vita nella sua abitazione, colpita con violenza inaudita. A trovarla fu il fidanzato, Alberto Stasi, giovane studente della Bocconi, fin da subito al centro delle indagini. Da quel giorno, tra archiviazioni, processi, sentenze ribaltate e condanne, il caso ha continuato ad alimentare interrogativi e tensioni, diventando simbolo di una giustizia tanto testarda quanto controversa.
Dopo due gradi di giudizio che avevano assolto Stasi, la Corte di Cassazione annullò le precedenti sentenze, ordinando un nuovo processo che si concluse nel 2015 con la condanna definitiva a 16 anni di reclusione per l’omicidio della giovane fidanzata. Negli anni, il caso Garlasco ha continuato a dividere l’opinione pubblica, tra chi chiede nuovi accertamenti e chi considera chiuso il capitolo, mentre nuove piste e rivelazioni continuano a emergere.
Durante un intervento nel programma “Filorosso” su Rai 3, condotto da Manuela Moreno, l’avvocato di Alberto Stasi, Antonio De Rensis, è tornato a parlare della vicenda, puntando il dito contro gli errori commessi durante le indagini. Al centro delle sue dichiarazioni, le quattro impronte trovate sul pigiama di Chiara, che, secondo il legale, avrebbero potuto risolvere il caso in poche ore: “Quelle impronte erano la firma dell’assassino, ma non sono mai state analizzate come avrebbero dovuto”.
De Rensis ha criticato duramente le modalità con cui vennero eseguiti i rilievi sul luogo del delitto, raccontando come il corpo di Chiara venne spostato e girato in una pozza di sangue dopo gli accertamenti dei carabinieri: “Chi ha compiuto questo gesto dovrebbe avere il coraggio di riconoscere l’errore, o almeno tacere”. L’avvocato ha sottolineato come nessuno abbia mai chiesto scusa per le falle investigative, mentre ora, grazie a un nuovo incidente probatorio, le indagini si apprestano a riaprire spiragli attraverso analisi scientifiche sui reperti conservati.
Il prossimo 4 luglio, i genetisti torneranno a esaminare le tracce, con la speranza di individuare frammenti di DNA utili a distanza di diciotto anni. De Rensis si è detto fiducioso in questa nuova fase di analisi, ricordando come Stasi abbia sempre collaborato alle indagini, mentre l’attuale indagato si sarebbe rifiutato di fornire spontaneamente il proprio DNA, rallentando l’inizio dell’incidente probatorio.
L’avvocato ha ribadito che, pur nel rispetto della condanna inflitta al suo assistito, ogni sistema giudiziario sano deve consentire la possibilità di mettere in discussione anche ciò che sembra ormai definito: “Non esistono uomini al di sopra di tutto. Giustizia significa anche riconoscere un errore e avere la forza di correggerlo”. E in questa lunga vicenda, legata alla tragica fine di Chiara Poggi, la verità, forse, deve ancora essere scritta fino in fondo.
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