x

Advertisement

Referendum flop: affluenza sotto il 30% e nessun quorum. Centrodestra all’attacco, Schlein nella bufera

Advertisement

Un’Italia che non vota: fallisce la consultazione popolare sui cinque quesiti

Il verdetto delle urne è arrivato impietoso: i referendum su lavoro e cittadinanza non hanno raggiunto il quorum. L’affluenza si è fermata attorno al 30%, con un dato parziale del 22,7% nella giornata di domenica 8 giugno. Un segnale forte e chiaro da parte degli elettori, che hanno scelto in massa l’astensione, trasformando una consultazione nata con intenti simbolici in un boomerang politico, soprattutto per il centrosinistra.

Elly Schlein, segretaria del Partito Democratico, aveva investito molto su questi referendum, puntando sulla mobilitazione popolare per rilanciare la partecipazione. Ma la risposta degli italiani è stata un silenzio pesante, quasi assordante. Al contrario, il centrodestra ha scelto la linea del disimpegno tattico, evitando di esporsi e lasciando che fosse il disinteresse generale a prevalere.

Centrodestra rafforzato, centrosinistra smarrito: il boicottaggio ha vinto

Le reazioni politiche non si sono fatte attendere. Ignazio La Russa ha accusato apertamente la sinistra di aver allontanato gli elettori con un linguaggio aggressivo e divisivo: “Schlein, Bonelli e opinionisti vari hanno fatto perdere punti all’affluenza. Ho ricevuto testimonianze di persone che hanno scelto di non votare per disgusto”.

Anche Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio, ha suggerito un cambiamento normativo: “Forse è ora di rivedere la legge sui referendum. Abbiamo speso milioni per spedire schede agli italiani all’estero che sono tornate bianche”.

Il Sud ha mostrato i dati più bassi: appena il 16,2% in Sicilia, il 17,3% in Calabria. Solo alcune regioni del Nord come Toscana ed Emilia-Romagna hanno superato la soglia del 25%. Troppo poco per fare la differenza.

Il referendum esce dunque delegittimato, e con esso la strategia di chi voleva usarlo come leva politica. Resta il bisogno urgente di ripensare gli strumenti di partecipazione, in un’Italia che sembra aver perso la voglia – e forse anche la fiducia – di esprimersi.

CONDIVIDI ☞