Sabrina Misseri, che la cronaca nera ha fatto conoscere per l’omicidio di Sarah Scazzi, un caso che ha messo al centro dell’attenzione mediatica Avetrana, cittadina in provincia di Taranto, è ritratta oggi come una detenuta modello. Sabrina e sua madre Cosima Serrano sono state individuate come le responsabili materiali dell’omicidio della 15enne, dopo il depistaggio da parte di zio Michele, il quae in seguito al ritrovamento del corpo di Sarah confessò di averla uccisa per poi ritrattare.
Dopo l’incriminazione, le due sono finite in carcere con l’accusa di omicidio. Dalle ricostruzioni degli inquirenti, Sabrina aveva intenzione di vendicarsi della cugina, che quel funesto pomeriggio di agosto è stata affrontata ed accusata di aver contribuito alla fine della storia con Ivano Russo, rendendo noti dei dettagli intimi sulla loro frequentazione, gettando fango sulla sua persona. Sua madre schieratasi dalla parte della Misseri ha appoggiato la figlia che voleva dare una lezione a Sarah, la quale ha cercato di fuggire trovando la morte per mano delle due donne, che hanno poi dato allo zio Michele l’incarico di disfarsi del corpo della 15enne.
Nel 2017 è stata letta la condanna definitiva da parte della prima sezione penale della Cassazione che ha condannato le due all’ergastolo, con pena da scontare presso il carcere di Taranto, dove madre e figlia condividono la stessa cella. Sabrina sta scontando la pena da detenuta modello: lavora come sarta e svolge anche attività di volontariato. Lavorando presso la sartoria della sezione femminile del carcere di Taranto, durante l’emergenza Covid, la Misseri ha confezionato con altre detenute del penitenziario mascherine.
La vita in carcere rispetto al passato offre ai detenuti la possibilità di studiare e lavorare con possibilità di impiego in vari progetti ed ambiti quali: cucina, sartoria, lavori manuali, centralino del call center. Il lavoro in carcere viene poi retribuito con uno specifico stipendio: la mercede che consiste in poche centinaia di euro.
Ma come riferito sulle colonne del Corriere della Sera, Sabrina Misseri e sua madre Cosima hanno anche preso parte al progetto “L’altra città”, in cui hanno dato la loro testimonianza personale sulla loro esperienza in carcere, parlando anche del loro futuro.
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