Al Festival di Sanremo 2025, uno dei momenti più toccanti della prima serata è stato senza dubbio quello di Simone Cristicchi. Il cantautore ha emozionato il pubblico dell’Ariston con Quando sarai piccola, un brano dedicato alla madre colpita da Alzheimer, raccontando il doloroso percorso della malattia che porta una persona a perdere progressivamente i propri ricordi.
L’esibizione ha commosso tutti, guadagnandosi una standing ovation e posizionandosi tra le prime cinque canzoni della classifica provvisoria. Tuttavia, non tutti hanno apprezzato la scelta narrativa del cantante. Selvaggia Lucarelli, giornalista e opinionista, ha espresso un giudizio molto critico, accusando il brano di “romanticizzare” la malattia e di essere poco autentico.
Lucarelli, nota per il suo approccio sempre diretto e senza filtri, ha parlato della canzone sia durante il Dopo Festival che nella sua newsletter, sottolineando come la visione di Cristicchi sulla malattia sia troppo edulcorata:
“Quando sarai piccola è una canzone considerata da podio o almeno da premio della critica, ma a me non convince”, ha scritto la giornalista. “La sua è una canzone dolorosa sulla madre che smarrisce i ricordi, condannata dalla malattia a una inesorabile regressione infantile. Purtroppo, ho vissuto la stessa esperienza – quella di una madre e prima ancora di una nonna malate di Alzheimer – e non riesco a vedere poesia in questa malattia.”
Secondo la Lucarelli, la canzone offre una visione incompleta della malattia, tralasciando l’aspetto più devastante:
“È un racconto monco, una romanticizzazione della malattia che funziona se non si conosce l’Alzheimer e le varie forme di demenza senile, ma che diventa retorica se si è assistito allo strazio di una persona che diventa altro da se stessa, fino alla morte. Vissuta – per chi vede tutto – come sollievo.”
Infine, ha dato al brano un voto di 6, concludendo con un’affermazione netta: “Non credo sia una canzone furba, ma non è del tutto vera. C’era bisogno di meno retorica e più disincanto.”
Le parole della Lucarelli non sono passate inosservate e Simone Cristicchi ha voluto rispondere, intervenendo nel programma di Rai 1 La Volta Buona.
“La mia è una canzone spirituale, non vuole essere una cartella clinica”, ha dichiarato il cantautore. “È il flusso e il ciclo della vita che si trasforma e di fronte a questa trasformazione non possiamo fare altro che accettare e assistere.”
Cristicchi ha spiegato di aver voluto raccontare un’esperienza personale, senza la pretesa di rappresentare tutte le sfumature della malattia:
“Ho voluto raccontare una cosa più universale. Non è facile per niente cantare questo brano, a livello emotivo. Ho raccontato una parte di quello che ho vissuto, ma non pretendo di raccontare l’esperienza di tutti.”
Una replica elegante e pacata, che sottolinea come la musica, pur trattando temi dolorosi, non debba per forza essere un resoconto clinico, ma può anche offrire uno sguardo più poetico sulla vita e sulla perdita.
Le parole di Selvaggia Lucarelli hanno sicuramente diviso il pubblico: da una parte chi trova giusto criticare la tendenza a rendere “dolce” anche ciò che è tragico, dall’altra chi crede che l’arte debba essere libera di esprimere sentimenti senza dover aderire per forza a un crudo realismo.
Quello che è certo è che Simone Cristicchi ha toccato il cuore di molte persone, portando sul palco di Sanremo una canzone che parla di amore e memoria, in un momento in cui tanti spettatori possono riconoscersi in quel dolore.
Dopo questa polemica, la domanda resta aperta: quando una canzone diventa troppo “romantica” per essere autentica?
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