Dopo l’attacco diretto contro tre strutture nucleari iraniane autorizzato da Donald Trump, gli Stati Uniti si trovano in stato di massima allerta. Anche se non sono emersi segnali precisi di un’azione imminente, le autorità statunitensi temono il risveglio di cellule dormienti legate a Teheran all’interno del proprio territorio. Un allarme considerato serio, come indicato in un rapporto dell’Us Customs and Border Protection firmato da Rodney Scott e reso noto da NewsNation. Secondo il documento, la minaccia di sabotaggi o attentati interni non è mai stata così concreta.
Secondo fonti riportate dalla NBC News, l’Iran avrebbe inviato un chiaro avvertimento agli Stati Uniti durante il recente G7 in Canada, attraverso un intermediario: in caso di attacco diretto al suolo iraniano, sarebbero attivate cellule già presenti nel Paese americano. Questo messaggio, indirizzato direttamente a Trump, avrebbe contribuito in modo decisivo all’attuale stato di massima sorveglianza.
Anche il Dipartimento per la Sicurezza Interna ha sottolineato la gravità della situazione, definendola “una fase di rischio elevato” per la sicurezza nazionale. Sebbene al momento non ci siano prove tangibili di un piano operativo, il messaggio è chiaro: tutte le forze di frontiera devono mantenere un livello di vigilanza straordinario. Il documento mette in evidenza il pericolo che cittadini o sostenitori del regime iraniano possano essere istruiti a colpire dall’estero.
Un ulteriore fattore di preoccupazione riguarda il flusso di migranti irregolari: migliaia di cittadini iraniani sarebbero stati individuati mentre tentavano di entrare illegalmente negli Stati Uniti, e molti di loro sarebbero riusciti a sfuggire ai controlli.
Nel cuore del rapporto emerge l’intera portata del rischio: città strategiche come New York e Washington DC hanno intensificato la presenza delle forze dell’ordine in punti sensibili. Le forze armate americane di stanza in Medio Oriente, soprattutto in Iraq e Siria, sono ritenute particolarmente esposte a eventuali rappresaglie, come ha affermato Frank McKenzie, ex comandante del Comando Centrale: “I nostri militari nella regione corrono un rischio reale di subire attacchi diretti”, ha avvertito.
Le dichiarazioni degli esperti militari e il dispiegamento delle forze di sicurezza lasciano intendere che lo scontro tra Stati Uniti e Iran non è confinato solo al Medio Oriente. Il timore di attentati interni, orchestrati attraverso reti di individui radicalizzati o infiltrati, torna a incombere sulla scena americana. Le autorità stanno adottando una strategia preventiva su vasta scala, fondata sul controllo continuo e sull’immediata reattività. Mentre la comunità internazionale osserva con apprensione gli sviluppi del conflitto, gli Stati Uniti si preparano silenziosamente ad affrontare l’eventualità più temuta.
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