Durante il loro primo incontro in carcere a Verona, dopo l’arresto di Filippo Turetta in Germania, i genitori hanno cercato di consolare il figlio, sottolineando la sua momentanea perdita di controllo anziché un carattere intrinsecamente malvagio. “Non sei un mafioso, non sei un terrorista, hai solo avuto un momento di debolezza”, ha detto il padre di Turetta, cercando di infondere coraggio e speranza nonostante la gravità delle accuse che gravano sul giovane. Queste parole, intercettate dagli investigatori, sono state inserite nel fascicolo del processo che vedrà Turetta di fronte alla giustizia a settembre. La conversazione rivelata dal settimanale “Giallo” mostra un lato umano della tragedia, con i genitori che ancora sperano in una possibile redenzione per il figlio.
Nel corso del dialogo, emergono dettagli inquietanti e la consapevolezza di una situazione complessa e dolorosa. Filippo, chiaramente turbato, ammette di non aver rivelato tutto al suo avvocato e esprime preoccupazioni circa il futuro del suo rapporto con il legale, temendo di essere abbandonato a causa della sua incapacità di confessare completamente i fatti. “Ci sono altri 200 femminicidi”, osserva il padre, tentando di mettere in prospettiva l’accaduto, mentre discutono delle prospettive future come il lavoro esterno e la libertà condizionale, suggerendo che la vita di Filippo potrebbe ancora avere una svolta positiva, nonostante l’atroce crimine commesso.
La decisione di optare per un rito abbreviato, rinunciando all’udienza preliminare, indica un passo verso l’accettazione delle responsabilità personali e una maturazione nel confronto con le conseguenze dei propri atti. L’avvocato Giovanni Caruso ha interpretato questa scelta come un segnale di volontà da parte di Turetta di affrontare il processo nel modo più rapido ed equo possibile, rispecchiando una certa presa di coscienza del giovane riguardo alla gravità del suo gesto. Questo percorso verso la giustizia non solleva Turetta dalle sue responsabilità , ma pone le basi per un confronto aperto e diretto con le conseguenze delle sue azioni, davanti alla Corte d’Assise di Venezia.
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