Attualità

Un addio al maestro del tennis: si è spento Nicola Pietrangeli

L’Italia dice addio a una delle sue figure sportive più carismatiche e raffinate. Nicola Pietrangeli ci ha lasciati, portando via con sé un intero pezzo di storia non solo tennistica, ma culturale. La sua morte non rappresenta soltanto la scomparsa di un grande atleta, ma segna la fine di un’epoca in cui lo sport sapeva farsi racconto, eleganza, stile. Per molti era il volto del tennis del passato, per altri l’emblema di una classe senza tempo, fatta di rovesci spettacolari e una presenza scenica indimenticabile.

Il fascino oltre il campo

Pietrangeli non era solo un campione tra le linee bianche del rettangolo di gioco. Più volte insignito del titolo di “sportivo più elegante del Paese”, la sua immagine andava oltre la racchetta. Il suo modo di muoversi, di vestire, di comportarsi anche nei momenti più intensi della competizione, parlavano di un uomo che aveva fatto dello stile una seconda pelle. L’Italia lo ha ammirato per le vittorie, certo, ma soprattutto per quel portamento distinto che lo rendeva unico e riconoscibile ovunque.

Le radici in una storia tormentata

Dietro l’eleganza si nascondeva una vita iniziata tra le difficoltà. Nato a Tunisi l’11 settembre 1933, quando ancora era un protettorato francese, Nicola portava nel sangue un mix di culture: padre italiano e madre di origini danesi e russe. La Seconda Guerra Mondiale sconvolse la sua infanzia: la casa distrutta, la famiglia internata in un campo. Ma fu proprio in quel periodo oscuro che nacque qualcosa di luminoso: giocando con il padre, Nicola scoprì il tennis, una passione destinata a cambiarlo per sempre.

Roma, il trampolino verso la leggenda

Finita la guerra, la famiglia si trasferì a Roma. Mentre il padre trovava lavoro prima con l’ambasciata francese e poi con Lacoste, Nicola cominciava a fare sul serio con la racchetta al Tennis Club Parioli. In quel circolo storico, diretto da Ascenzio Panatta (padre di Adriano), il ragazzo riservato e segnato dalla guerra si trasformava in un astro nascente del tennis italiano. La Capitale lo accolse, e fu lì che nacque quel connubio tra tecnica e fascino che avrebbe conquistato il mondo.

L’uomo dietro l’atleta

La vita privata di Pietrangeli ha sempre affascinato il pubblico, tanto quanto le sue imprese sportive. Famoso per il suo charme e considerato un vero rubacuori, ebbe diverse relazioni molto chiacchierate. Ma la più importante fu quella con Susanna Artero, modella conosciuta quando lui aveva appena 21 anni e che divenne sua moglie. Dalla loro unione nacquero tre figli: Marco, Giorgio e Filippo, che non hanno mai mancato di ricordare il padre come una figura dolce e presente, malgrado i mille impegni da sportivo.

Tra gli amori celebri, rimane nella memoria quello con la conduttrice Licia Colò, con cui ebbe una relazione tra il 1987 e il 1994, molto seguita dai media dell’epoca. La sua vita, però, non fu priva di ostacoli: nel 1996 affrontò un delicato intervento per rimuovere un tumore benigno al colon. Lo fece con la stessa determinazione che aveva sempre mostrato sui campi.

Il tempo e la fragilità

Nonostante sia rimasto per anni vicino al mondo del tennis, con il tempo il suo corpo cominciò a chiedere tregua. Nel 2023 fu ricoverato al Gemelli per un malore improvviso: fu un primo segnale che anche una leggenda può conoscere la fragilità. Tuttavia, non perse mai l’umorismo né la voglia di restare in contatto con l’ambiente sportivo che aveva contribuito a rendere grande.

L’ultimo ricovero, nell’estate del 2025, segnò un ulteriore peggioramento. Nuovi controlli medici misero in evidenza alcuni problemi già noti ma sempre più gravosi. E sebbene lui stesso cercasse di rassicurare tutti con il solito sorriso, chi lo amava sapeva che qualcosa stava cambiando.

Un’eredità incancellabile

Oggi l’Italia saluta non solo un grande dello sport, ma un uomo che ha fatto dello stile una forma di vita, della resilienza un’arte. Nicola Pietrangeli ha saputo trasformare le difficoltà in bellezza, le sfide in opportunità. E ora che se ne va, ci lascia in dono il ricordo di una vita vissuta con la stessa grazia con cui colpiva la palla: senza mai perdere la propria essenza.

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