Il mondo dello sport italiano piange oggi la scomparsa di uno dei simboli più amati del basket tricolore, protagonista indiscusso di un’epoca d’oro. Si è spento all’età di 68 anni, dopo una lunga degenza ospedaliera. Per anni colonna portante della nazionale guidata da Sandro Gamba, ha raggiunto l’apice con la medaglia d’argento ai Giochi Olimpici di Mosca del 1980 e con il trionfo europeo del 1983 a Nantes. Il suo nome è indissolubilmente legato a quel periodo in cui il basket italiano parlava con forte accento emiliano e si giocava nei palazzetti gremiti, dove lui brillava come pochi.
Alto ben 2 metri e 1 centimetro, dotato di una struttura atletica impressionante che gli valse il soprannome di “Marine”, fu tra i primi a intuire il valore del tiro da tre punti, introdotto negli anni Ottanta. In un momento di trasformazione per il basket europeo, seppe adattarsi con abilità, diventando subito un riferimento per la sua efficacia da oltre l’arco. Ala versatile e completa, ha vestito divise prestigiose come quelle di Fortitudo Bologna, Mens Sana Siena, Olimpia Milano, Forlì e Udine. Tuttavia, fu in un club in particolare che lasciò un segno indelebile.
Il suo nome resta scolpito nella storia della Virtus Bologna, squadra con cui conquistò due titoli nazionali e visse alcuni dei momenti più esaltanti della sua carriera. Fu protagonista centrale dei successi della “V nera”, trascinando con il suo carisma e la sua energia compagni e tifosi nei momenti cruciali. È proprio con quella maglia che i sostenitori lo ricordano con maggiore affetto.
Marco Bonamico si è spento presso l’ospedale Bellaria di Bologna, dove era ricoverato da tempo. Anche dopo aver detto addio al parquet, il legame con la pallacanestro non si è mai interrotto. Per anni è stato la voce tecnica delle partite in Rai, portando la sua profonda conoscenza a milioni di spettatori. In seguito ha intrapreso la carriera dirigenziale, arrivando a ricoprire il ruolo di presidente della LegaDue, mantenendo sempre viva la passione che lo aveva guidato sul campo.
Con la sua scomparsa, il basket italiano perde non solo un grande campione, ma anche un rappresentante di quella generazione che tra anni Settanta e Ottanta ha fatto sognare il pubblico. Il vuoto che lascia è profondo, ma resta vivo il ricordo delle sue imprese, del suo spirito sportivo e dei valori che ha saputo trasmettere. Una leggenda che continuerà a ispirare chi ama davvero questo sport.
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