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Blitz della polizia contro Emilio Fede: “Mi hanno trattato come un boss, svegliato alle 4 del mattino dopo il funerale di mia moglie”, racconta amareggiato il giornalista

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Diverse testate giornalistiche hanno ripreso la notizia del blitz della polizia contro Emilio Fede registratosi lo scorso 24 giugno, all’indomani dei funerali della moglie Diana De Feo, scomparsa improvvisamente all’età di 84 anni. Il giornalista chiarendo lo spiacevole episodio del blitz della polizia nella sua stanza d’albergo a Napoli, ha spiegato che si è trattato di un disguido.

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I fatti risalgono al 24 giugno, quando alle 4 del mattino, due agenti della questura di Napoli si sono presentati nella camera d’albergo dove soggiornava Fede, dopo i funerali della moglie. Come ha precisato il giornalista all’Adnkronos, si è trattato di un controllo per appurare se fosse in possesso delle autorizzazioni del Tribunale di Sorveglianza di Milano, in quanto l’ex direttore del Tg4 è sottoposto al regime degli arresti domiciliari.

Emilio Fede blitz della polizia nel cuore della notte

Le dichiarazioni di Emilio Fede dopo il blitz della polizia

In un primo momento Fede si è sfogato amaramente, come riferito a Il Roma: “In che Paese siamo? Ero arrivato in auto mercoledì notte da Milano, dopo aver ricevuto tutte le autorizzazioni del caso per la mia posizione detentiva, per salutare e dare l’addio all’unico grande amore della mia vita, la mia Diana. Avevo poi preso parte ai funerali nella chiesa del Vomero e dopo una cena veloce con mia figlia ero rientrato in albergo, accompagnato dalla mia assistente, che mi aiuta in ogni momento della giornata, non essendo io più autonomo nei movimenti”.

Colpito dal lutto dell’improvvisa morte della moglie, Emilio Fede non ha vissuto bene il blitz della polizia, dichiarando inoltre che non si trattava della prima volta per lui: “Era già capitato a dicembre la stessa cosa e sempre intorno alle quattro del mattino. Stessa scena, stessa storia. Ho cercato di spiegare che ero stato autorizzato regolarmente per gravi motivi di famiglia, ma solo dopo un meticoloso controllo dei documenti miei ma anche della mia collaboratrice, hanno lasciato la camera. Ancora una volta hanno voluto trattarmi come un boss“.

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Dopo queste prime dichiarazioni a caldo, il tono del giornalista è cambiato come confermano le sue successive dichiarazioni raccolte da Adnkronos, a cui ha riferito che si è trattato di un semplice disguido: “Tutto si è risolto in un chiarimento, lungo e alle 4 di notte in hotel, ma assolutamente non offensivo per nessuno, e con una stretta di mano. Certo, per me è stato un grande dolore”.

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