Alberto Muraglia, il vigile di Sanremo che timbrava in mutande coinvolto nell’inchiesta sui “furbetti del cartellino”, è stato assolto e sarà reintegrato e risarcito dal Comune. Il vigile di Sanremo che era diventato il volto dell’inchiesta sui “furbetti del cartellino” si è preso la sua rivincita a distanza di anni: è stato finalmente assolto. Le telecamere di sorveglianza avevano catturato Muraglia mentre timbrava il cartellino in mutande, ma ora, dopo la sua assoluzione in tribunale, sarà reintegrato e risarcito.
Una foto in mutande non dimostra nulla ha dichiarato Muraglia dopo la sentenza, ma l’uomo ha sempre avuto fiducia nella giustizia e sapeva che questo giorno sarebbe arrivato, ma ha sottolineato che ci sono voluti troppi anni per raggiungere questa conclusione. “Una foto in mutande non vuol dire nulla se poi uno entra all’orario giusto e fa onorato servizio. Sapevo che sarebbe finita così, ma c’è voluto troppo tempo” – queste le parole – del vigile di Sanremo dopo la sentenza che lo ha assolto definitivamente. Ora, il Comune di Sanremo dovrà risarcirlo per gli stipendi arretrati, una somma che potrebbe superare i 250mila euro.
Muraglia ha spiegato che timbrava in mutande per risparmiare tempo ed iniziare il suo turno, la macchina per timbrare era vicina al suo ufficio, che era anche la sua abitazione. “Ho sempre avuto fiducia nella giustizia, sapevo che prima o poi saremmo arrivati a questo giorno, però ci sono voluti troppi anni. Mi sono recato a timbrare in mutande per far prima e scendere in servizio, la timbratrice era a qualche metro dal mio ufficio, e quella era anche la mia abitazione”.
86 giorni agli arresti domiciliari, da innocente, e otto anni a difendermi nelle aule dei tribunali non li auguro neanche al peggiore dei miei nemici. È finito un incubo e, finalmente, tornerò a indossare la mia amata divisa perché è stato dimostrato che sono stato un vigile modello, altro che furbetto del cartellino”.
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Il vigile intervistato dal Corriere della Sera si è sfogato: “Maledetto sia quel frame. Fui accusato di esser tornato a letto dopo aver timbrato. Io invece stavo entrando in servizio. Il mio alloggio distava 15 metri dall’ufficio. E, alle 5 di domenica, andavo in borghese a controllare se c’erano auto da rimuovere per via del mercato. Se sì, chiamavo il carro-attrezzi e risalivo per indossare la divisa. Per non perdere tempo, quella volta ho timbrato in intimo. L’ho dimostrato esibendo i verbali e alcuni colleghi hanno testimoniato in mio favore”.
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