Dimitri Fricano, il 35enne identificato come il colpevole e condannato per l’omicidio della fidanzata, Erika Preti, ha recentemente lasciato il carcere per scontare la sua pena ai domiciliari. La decisione è stata presa dai giudici a seguito delle sue condizioni di salute aggravate dall’obesità e dal fumo eccessivo. L’uomo condannato a 30 anni per aver ucciso la fidanzata nel 2017, dopo un banale litigio per le briciole di pane si ritrova così ai domiciliari: la decisione è stata presa dal tribunale di sorveglianza di Torino perché le sue condizioni di salute sono incompatibili con la detenzione.
Nel 2017, la tranquilla realtà di Biella è stata scossa dall’omicidio di Erika Preti, avvenuto durante una vacanza in Sardegna. Dimitri Fricano, allora fidanzato della vittima, è stato riconosciuto colpevole di averle inferto numerose coltellate. La sentenza ha destato grande emozione e dibattito pubblico.
Durante la detenzione nel carcere delle Vallette a Torino, la salute di Fricano ha subito un netto peggioramento: l’obesità e l’abitudine al fumo hanno portato i giudici a riconsiderare le condizioni di detenzione, optando per la sorveglianza domiciliare. Questa decisione ha suscitato reazioni contrastanti nell’opinione pubblica, tra chi vede in essa un atto di umanità e chi la considera una forma di sconto di pena. Fricano, ora a casa, è tenuto a seguire una dieta rigorosa e a limitare il consumo di sigarette. Questo cambiamento di routine è visto come un passo verso la sua redenzione personale, non solo per la salute ma anche come parte del suo percorso di riabilitazione.
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Il caso di Dimitri Fricano con l’omicidio di Erika Preti rimane un capitolo doloroso nella cronaca italiana, la recente svolta, con il trasferimento di Fricano ai domiciliari, riaccende il dibattito su giustizia, salute e redenzione, temi sempre attuali e delicati nella società contemporanea. Questa vicenda di cronaca apre un dibattito più ampio sul sistema giudiziario e sulla gestione della salute dei detenuti. La decisione di concedere i domiciliari per motivi di salute pone interrogativi sulla capacità delle strutture carcerarie di gestire casi simili e sulla dignità dei detenuti.
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