Il giallo di Trieste sulla misteriosa morte di Liliana Resinovich ha fatto emergere delle sconcertanti verità a partire da un dettaglio equivoco: il rinvenimento di un paio di scarpe pulite, indossate dalla donna al momento della scomparsa. Sergio Resinovich, fratello della vittima pretende che venga fatta chiarezza sulla morte della 63enne anche se le indagini al momento sono impantanate, e si potrebbe procedere con un’archiviazione per suicidio. A questo porterebbe l’esito della consulenza medico legale disposta dalla Procura di Trieste sul corpo della donna, rinvenuto privo di vita in un parco lo scorso 5 gennaio.
Come perorato dai familiari, la donna non si sarebbe suicidata come confermato dalla presenza di alcune tumefazioni sul suo volto e dalla presenza di sangue da una narice. Ma a destare maggiori sospetti sono state le scarpe indossate dalla donna con tomaia lucida e quasi totalmente pulita, un dettaglio da non trascurare.
Dalle indagini dei consulenti è stato rilevato che la morte di Liliana Resinovich sarebbe avvenuta circa 48-60 ore prima della scoperta del corpo della donna ritrovato in sacchi della spazzatura, e la testa dentro dei sacchetti di nylon chiusi con un cordino. La causa della morte sarebbe da ricondurre ad asfissia. Tra i punti sospetti sul caso Resinovich ci sono le scarpe troppo pulite che non confermerebbero il girovagare per giorni della donna: un dato fumoso secondo la famiglia della vittima dietro a cui si celerebbe un’altra verità. In base alla ricostruzione dei consulenti incaricati dalla Procura, la vittima avrebbe dovuto camminare per 18 giorni ed in seguito togliersi la vita nel parco.
L’avvocato della famiglia, Nicodemo Gentile, sostiene che la donna è stata percossa ed uccisa da una persona come rivelato dalle tumefazioni del volto nella zona della palpebra destra a cui si aggiunge un trauma nella parte destra della lingua ed un colpo ricevuto sulla tempia sinistra, più altre lesioni e fratture che fanno presagire uno scenario diverso dal suicidio.
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